11 marzo 2013

Umiltà

Tree RootsAvere equilibrio nel rapporto con i figli richiede una buona dose di umiltà. I nostri desideri e i nostri bisogni spesso e volentieri, durante la giornata, entrano in collisione con quelli dei nostri bambini. Umiltà è sforzarsi di contestualizzare la nostra volontà di affermazione in uno scenario più ampio che comprenda, appunto, quella degli altri, quella dei nostri figli.

Se poi la scelta dell'attachment parenting non è condivisa, non appartiene cioè sia a noi che al nostro partner, risulta chiaramente più complicato trovare equilibrio nella coppia e nel rapporto con i figli. Si vorrebbe dire all'altro che sta sbagliando e in effetti, quando lo si dice (o magari lo si urla) il rapporto si complica perché ne nasce una conflittualità.
E' su questi argomenti che ci fa riflettere un articolo sul blog dell'API (Attachment Parenting International) e che potete leggere a questo link.

Scegliere l'attachment parenting significa a volte operare un cambiamento profondo rispetto alle credenze tramandateci, alle pratiche educative delle quali forse noi stessi siamo stati oggetto, ad esempio sgridate continue di papà e mamma volte a ottenere "ubbidienza" e "rispetto". Non che non debbano esistere regole, solo che le modalità "aggressive" possono ottenere effetto a breve termine (sicuro che ottengono effetto? Se le sgridate sono continue vuol dire che qualcosa non funziona...) ma certamente non a lungo.

Peraltro attaccare vuole dire costringere l'altro a mettersi sulla difensiva.
Attaccarsi, fra genitori, vuol dire costringersi a difendersi. E questo non funziona. Si può aver fatto la scelta dell'attachment parenting ma sappiamo che le abitudini sono dure a morire, per cui rinfacciarsi l'un l'altro gli errori che - nella foga del momento - si commettono non porta lontano.

Come venirne fuori?
Smettere di essere in conflitto, aprirsi e confidarsi.
"Voglio smettere di alzare la voce con i bambini ma la cosa mi parte in automatico... e questo mi provoca frustrazione... secondo te come posso venirne fuori? Che posso fare...?"

Dobbiamo trasformare la battaglia (contro le vecchie abitudini) di uno verso l'impegno di due, non essere più da soli. Aprirsi, chiedere aiuto, essere umili, questo porta lontano. Quello che è il "mio" impegno educativo diventa il "nostro" impegno, si diventa compagni di viaggio.

Umiltà è non ritenersi "superiori"; umiltà è riconnettersi con la realtà, è recuperare la percezione del terreno (humus) dove affonda la nostra radice che ci rende tutti umani e perfettibili. Siamo in viaggio quotidianamente, impariamo e cresciamo, in questa splendida opportunità che ci è stata concessa di far crescere una vita accanto a noi, un bene prezioso che richiede il nostro totale impegno.

Nessun commento:

Posta un commento