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11 febbraio 2014

Nati prima


Quarantatrè giorni prima.
E scopri un mondo nuovo.
Fatto di bip intermittenti. Tubi, fili, monitor, cannule.
Sì, non solo quello, certo, lì in mezzo ci sono i miei due gemelli, ma quella è la foresta in cui vivono, dentro due casette di vetro.
Lei ha rotto le acque e lui è dovuto uscire lo stesso - anche se in verità sarebbe rimasto lì tranquillo un altro po'. Le donne sempre avanti :-)
Avanti anche nel grado di alta preoccupazione generato, grazie a Dio rientrato nel giro di quarantotto ore. Avanti nel riprendersi e superare il fratello nel taglio del filo di lana di uscita. Lei a casa da qualche giorno, lui da oggi.
Tutto a posto, tutto bene. Meglio così - è accaduto quello che speravamo e per cui pregavamo.

Ma che esperienza. Hai fatto due figli. Non te ne ritrovi neanche uno a casa. Poi arrivano, a puntate, col cordone ombelicale già trattato, tu non devi fare niente. Li ami profondamente ma non sono con te appena nati, non sai se mettere il fiocco alla porta (non l'abbiamo messo finché non è arrivata lei), stai lì a guardare body e tutine vuoti. Li ami profondamente ma non sono con te.
La Carta dei Diritti del Bambino nato prematuro: degna di un paese civile come l'Italia. che per prima al mondo ha riconosciuto a livello istituzionale il problema della prematurità. Bellissime aspirazioni che speriamo un giorno diventino pienamente realizzate.
Per il momento non è così. Purtroppo. Purtroppo. Purtroppo.

Se incontrerò genitori di bimbi nati prematuri in attesa, ansia, preoccupazione, frustrazione, speranza, impotenza, angoscia, rabbia potrò dirgli "ti capisco".


11 marzo 2013

Umiltà

Tree RootsAvere equilibrio nel rapporto con i figli richiede una buona dose di umiltà. I nostri desideri e i nostri bisogni spesso e volentieri, durante la giornata, entrano in collisione con quelli dei nostri bambini. Umiltà è sforzarsi di contestualizzare la nostra volontà di affermazione in uno scenario più ampio che comprenda, appunto, quella degli altri, quella dei nostri figli.

Se poi la scelta dell'attachment parenting non è condivisa, non appartiene cioè sia a noi che al nostro partner, risulta chiaramente più complicato trovare equilibrio nella coppia e nel rapporto con i figli. Si vorrebbe dire all'altro che sta sbagliando e in effetti, quando lo si dice (o magari lo si urla) il rapporto si complica perché ne nasce una conflittualità.
E' su questi argomenti che ci fa riflettere un articolo sul blog dell'API (Attachment Parenting International) e che potete leggere a questo link.

Scegliere l'attachment parenting significa a volte operare un cambiamento profondo rispetto alle credenze tramandateci, alle pratiche educative delle quali forse noi stessi siamo stati oggetto, ad esempio sgridate continue di papà e mamma volte a ottenere "ubbidienza" e "rispetto". Non che non debbano esistere regole, solo che le modalità "aggressive" possono ottenere effetto a breve termine (sicuro che ottengono effetto? Se le sgridate sono continue vuol dire che qualcosa non funziona...) ma certamente non a lungo.

Peraltro attaccare vuole dire costringere l'altro a mettersi sulla difensiva.
Attaccarsi, fra genitori, vuol dire costringersi a difendersi. E questo non funziona. Si può aver fatto la scelta dell'attachment parenting ma sappiamo che le abitudini sono dure a morire, per cui rinfacciarsi l'un l'altro gli errori che - nella foga del momento - si commettono non porta lontano.

Come venirne fuori?
Smettere di essere in conflitto, aprirsi e confidarsi.
"Voglio smettere di alzare la voce con i bambini ma la cosa mi parte in automatico... e questo mi provoca frustrazione... secondo te come posso venirne fuori? Che posso fare...?"

Dobbiamo trasformare la battaglia (contro le vecchie abitudini) di uno verso l'impegno di due, non essere più da soli. Aprirsi, chiedere aiuto, essere umili, questo porta lontano. Quello che è il "mio" impegno educativo diventa il "nostro" impegno, si diventa compagni di viaggio.

Umiltà è non ritenersi "superiori"; umiltà è riconnettersi con la realtà, è recuperare la percezione del terreno (humus) dove affonda la nostra radice che ci rende tutti umani e perfettibili. Siamo in viaggio quotidianamente, impariamo e cresciamo, in questa splendida opportunità che ci è stata concessa di far crescere una vita accanto a noi, un bene prezioso che richiede il nostro totale impegno.

8 gennaio 2013

Dal punto di vista di tuo figlio

Father taking tenth child home"Pratiche sociali e credenze culturali della vita moderna ostacolano un sano sviluppo emotivo e cerebrale nei bambini".
Così esordisce, senza mezzi termini, l'annuncio che viene dato circa i risultati di uno studio interdisciplinare presentato di recente in un convegno presso l'Università di Notre Dame dell'Indiana (USA).

Sconsiderate pratiche e credenze sono diventate comuni nella nostra cultura, come ad esempio l'uso del latte artificiale, l'isolamento dei neonati nella propria stanza o la convinzione che nel rispondere troppo velocemente alle loro sollecitazioni si finirebbe per 'viziarli', dice Dacia Narvaez, professoressa specializzata di psicologia presso l'Università.
E dunque allattamento al seno, rispondere al pianto del neonato, avere con lui un contatto continuo, 'portarlo' (sia mamma che papà) costituiscono quell'attachment parenting con "ancestrali radici che ha mostrato avere un positivo impatto sullo sviluppo cerebrale del neonato", sottolinea sempre la dottoressa Narvaez.

Ancora e ancora sollecitazioni dal mondo scientifico, dunque, che spingono noi genitori al recupero di un rapporto stretto con i figli che è stato condizionato, nel tempo, da luoghi comuni e massiccia disinformazione commerciale fuorviante, con ciucci, carrozzine e biberon che affollano le "liste di nascita". Occorre fermarsi e sforzarsi di guardare le cose dal punto di vista del neonato - e dei suoi bisogni - quanto più possibile. L'amore è un fatto concreto e l'istinto genitoriale è innato, Occorre ascoltarlo, seguirlo, sfoltendo la testa da tante chiacchiere insensate che arrivano spesso e volentieri da chi ci sta intorno.
Potete leggere l'articolo nella sua veste originale a questo link.

25 ottobre 2012

Lo strano caso del dottor Estivill

Hansel & GretelC'era un volta, tanto tempo fa, un dottore che si chiamava Estivill... eh? Sì, sì, si chiamava proprio così.. perché? Beh, questo nessuno lo ha mai saputo però... in fondo era un nome come un altro, no? In qualche modo doveva pur chiamarsi... ma non mi interrompere adesso... ascolta. Dunque, dove eravamo rimasti? Ah sì, che si chiamava Estivill e lo chiamavano anche il "medico del sonno" perché faceva addormentare tutti i bambini, la sera, quando andavano nel loro lettino a fare la nanna. Come? Ah no, non gli leggeva una favola... eh? No, neanche gli cantava la ninna nanna... no, no, non li cullava e neanche li teneva in braccio! Ma insomma, se mi interrompi sempre come faccio a raccontarti la storia del dottor Estivill? Ecco, così, rimani sdraiato e ascolta. Dunque lo chiamavano "il medico del sonno" perché lui aveva delle parole magiche per far addormentare i bambini e così tutti i papà e tutte le mamme lo cercavano per conoscere queste parole magiche! Quali erano? Beh, erano parole magiche, come vuoi che ti dica... erano parole tipo amore, la tua mamma/il tuo papà ti vuole un sacco di bene. Adesso però devi dormire e devi farlo da solo. Buonanotte tesoro (cit.). Eh? Sì, erano queste le parole magiche o altre che gli assomigliavano... eh? Ma non lo so se erano sempre le stesse parole! Comunque i bambini si addormentavano tutti. Come? Beh, sì, qualche volta i bimbi piangevano però a quei tempi a queste cose non ci si faceva caso, sai? Si lasciava che i bambini piangessero perché si credeva che gli si allargassero i polmoni, che gli si facessero gli occhi belli e pensavano anche che un po' di pianto non ha mai ammazzato nessuno. Poi il tempo passò.
Tanti bambini si addormentavano con le parole magiche, anche se poi piangevano e vomitavano... ops! Scusa, volevo dire che gli faceva male il pancino per tanto piangere... ma quelli erano altri tempi.. la gente era fatta così..."
Come finisce questa storia? Come volete voi, ognuno può condurla alla fine come meglio crede. Servirà a far addormentare qualche nostro nipote? Chissà...
Per adesso sappiamo solo che il nostro (non più tanto) arzillo dottor Estivill qualche acciacco lo comincia ad accusare. Perché? Beh, l'aver fatto correggere il tiro della sua ultima mirabolante ritrattazione è segno che anche per lui la senescenza bussa alla porta. Cosa dico? Andate a questo link della sua intervista a El Pais e vedrete che "magicamente" le paroline tre anni sono state modificate in tre mesi. Eh già, scorrete l'intervista e leggetevelo da soli sotto la domanda "He leido el libro Duérmete niño, y tengo la duda de a qué edad se debe empezar a aplicar el método que propone": la risposta che dà Estivill è modificata rispetto all'uscita del 27 settembre scorso. Dunque tanto rumore per nulla, si può applicare il suo metodo a partire dai tre mesi. Ritrattazione della ritrattazione. Lapsus? Voleva dire tre anni e in effetti l'ha detto? Voleva dire tre mesi ma si è sbagliato? Mah, saperlo forse condirebbe meglio la storia sopra, per cui i nostri nipoti leggeranno dello strano caso del dottor Estivill guardandolo un po' come noi adesso guardiamo la fiaba di Pollicino e di Hänsel e Gretel, come roba di tempi crudeli per l'infanzia. Certo, per noi che viviamo adesso, c'è ormai solo da sorridere (amaramente) del nostro (non più tanto) arzillo dottor Estivill e cercare di buttarci un pietra sopra. Come? Sopra di lui?! No, beh no, certo no, poverino... e poi non siamo più in un'epoca di crudeltà. Ma questo lui forse ancora non l'ha capito.

8 ottobre 2012

Un granello di sabbia

Noah & DaddyUn granello di sabbia è quando aggiungo una carezza.

E' quando gli dò un bacio all'improvviso, così, quando meno se lo aspetta, guardandolo negli occhi.

Un granello di sabbia è quando gli dico ti voglio bene non perché è stato bravo o ha rimesso a posto i giochi ma solo perché gli voglio bene, senza se e senza ma. E' quando ricaccio parole in gola, quando mi sforzo di trattenere la Pazienza che tenta di scappare via, lontano da me.

Un granello di sabbia è un sorriso che gli fa sentire che ci sono, che sto dalla sua parte e non lo giudico.

Un granello di sabbia è un attimo tangibile del mio amore incondizionato... Dio m'aiuti a far camminare mio figlio su una spiaggia.

2 ottobre 2012

Bimbi, windows e modalità provvisoria

Angel Eyes...In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?».
Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse:
«In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.
Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli.
E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.
Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.


Accogliere un bimbo nelle sue necessità non è solo un generoso atto riservato ai figli degli altri che vivono sofferenze di emarginazione e disagio ma è un atto che è dovuto biologicamente ai nostri figli.

Noi papà diamo per scontate troppe cose perché il turbine delle giornate lavorative - dense di impegni e di preoccupazioni - ci concede di rapportarci coi figli spesso e volentieri solo con una modalità provvisoria, come succede con windows quando la quasi totalità dei driver e delle periferiche, e programmi di autoavvio, non vengono avviati.
L'ascolto che facciamo è parziale, è limitata la nostra attenzione, l'ascolto è spesso distratto e superficiale, l'affetto è subordinato ai "se" e ai "ma".

Cogliamo l'occasione di questo 2 ottobre che festeggia angeli e bimbi per mandare all'aria i nostri schemi, i nostri filtri percettivi, le saturazioni della nostra mente. Facciamo un bella passata di ccleaner per dare una lustrata al nostro sistema, liberando la nostra testa e il nostro cuore da tanti elementi superflui.
Guardiamo in questo momento nostro figlio dritto negli occhi, preoccupandoci di più di quello che lui "sente" e meno di quello che sta facendo o di come si sta comportando.
Proviamo a guardare il mondo come lo guarda lui, con i suoi occhi, le sue aspettative, i suoi bisogni e necessità, i suoi desideri (i suoi desideri); proviamo a intuire se ci sono cose che non ci sta dicendo, che non esprime, perché intimorito o (peggio) sfiduciato.
Accogliamolo adesso, profondamente, abbracciamolo e amiamolo senza "se" e senza "ma", senza riserve.
E' anche una buona occasione per iniziare a fare lo stesso verso di noi.

28 settembre 2012

Incredibile Estivill: un passo indietro!

surpriseIncredibile, Estivill riconosce che il suo metodo non può essere applicato ai bambini sotto i tre anni, causa danni.
Incredibile.
Leggere, per credere, questo passaggio di un'intervista digitale che Estivill ha rilasciato ieri al celebre quotidiano spagnolo "El País": Recentemente abbiamo pubblicato il libro 'A dormire!', che fa il punto sulle conoscenze riguardo il sonno infantile. In esso vengono spiegate alcune regole per insegnare ai bambini a dormire correttamente rispettando l'allattamento materno; di fatto gli studi scientifici che abbiamo pubblicato sulla rivista spagnola di pediatria sono stati condotti su bambini con allattamento al seno a richiesta. Nel cervello dei bambini c'è un gruppo di cellule che è il nostro orologio biologico. Questo orologio ci dice che dobbiamo dormire la notte ed essere svegli durante il giorno. Come altre strutture cerebrali dei bambini, questo orologio biologico è immaturo alla nascita. Per questo i bambini dormono a tratti e non possono dormire tutta una notte di seguito fino a sei mesi di età. Le regole illustrate in 'Fate la nanna' erano per i bambini dai tre anni in su che soffrivano della cosiddetta 'insonnia infantile per abitudini scorrette'. Queste norme non possono essere applicate in caso di bambini più piccoli a causa dell'immaturità del loro orologio biologico. Occorre praticare altre routine rispettando l'allattamento al seno a richiesta per far sì che questo orologio biologico impari a sincronizzarsi con l'ambiente e così arrivare ai sei mesi con un sonno notturno adeguato di circa undici ore più tre sonnellini durante il giorno: uno dopo la prima colazione, un dopo pranzo e uno dopo la merenda. Nel nostro libro 'A dormire!' spieghiamo questa nuova conoscenza scientifica e diamo linee guida appropriate affinché il bambino, seguendo l'allattamento a richiesta,  possa conseguire una strutturazione adeguata del sonno."
Ma io dico: ma tutti quei genitori fiduciosi che hanno applicato alla lettera il suo metodo?
Ma i danni che probabilmente ne ha ricevuto la psiche di questi bimbi massacrati dal loro stesso pianto?
La sofferenza dei genitori e lo strazio nei loro cuori se hanno resistito alla tentazione di interrompere il metodo?
E il ritmo naturale del sonno dei neonati letteralmente stravolto?
Allattamenti al seno mandati all'aria perché subordinati ai famigerati dettami del metodo?
Continuate voi perché rabbia e pena sono enormi se penso a quanti bimbi e genitori devastati ci sono nel mondo...
Questo signore evidentemente sta registrando un calo delle vendite dei suoi libri e cerca così di recuperare consensi.
Ma quando ci sarà un'azione collettiva verso questo signore, una denuncia penale per crimini verso l'umanità?
Ma cosa significano 11 ore piú tre sonnellini? Ma che abbiamo dei robot telecomandati?
Amiamoli col cuore e con l'istinto questi nostri figli, mettiamoceli sul petto - mamme e papà - senza paura di regole trasgredite; che dormano e succhino latte quando e come vogliono e saranno loro a trovare infallibilmente il ritmo giusto, meglio delle regole e linee guida del dottor Estivill.
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P.S.: pochi giorni dopo questa sua intervista - e il clamore che ne è derivato - Estivill fa modificare le paroline tre anni in tre mesi, dunque ritratta la ritrattazione!!! (vedi post)

10 settembre 2012

Papà creativi

Look at the pretty light!
... perspective taking!
"Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti" dice la Dichiarazione universale dei Diritti umani all'articolo 1.
E i bambini? Forse a volte - o troppo spesso - capita, in tanti momenti della giornata, di dimenticarci che sono esseri umani, con gli stessi nostri diritti e con lo stesso nostro innato desiderio di rispetto della propria dignità.
"Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona"... e dov'è questo diritto quando nostro figlio piange e non lo prendiamo in braccio oppure si dispera sul suo lettino mentre noi sfogliamo i librettini di Estivill sulla nanna reprimendo gli istinti paterni?
Forse un bimbo di un mese, due mesi, sei mesi, un anno, due, tre non ha gli stessi diritti di un adulto?

Appare esagerato il confronto con la "Dichiarazione"? Mah, non so... voi che ne pensate? Quante cose nascondiamo dietro parole come "regole", "metodi"? Quanto questi luoghi concettuali hanno a che fare con la realtà di un bimbo che ha un fisiologico bisogno di sentirsi amato sempre, anche quando sbaglia, anche quando fa i cosiddetti "capricci", che ha bisogno di sentire che il papà c'è sempre e non solo quando lui "fa il bravo"? Forse sono più una modalità per far tornare i conti a noi, alle nostre routine e comodità o addirittura per apparire "bravi genitori che non viziano i figli", forse sono una modalità per semplificarci la vita ma che poco hanno a che vedere con la libertà, la dignità e diritti dei nostri figli.

Quanto spesso le abitudini educative, le consuetudini ereditate da genitori e nonni o educatori hanno a che fare con i reali bisogni di un neonato e poi di un bambino?
Forza, dài... evitiamo di essere genitori con clichés, sia educativi che relazionali. Cerchiamo di essere papà creativi, che si informano, che studiano, che non si fidano mai troppo di quelli che danno "metodi". Cerchiamo di essere papà che si sforzano di comprendere, piuttosto che papà con la pretesa che i figli comprendano "come ci si comporta". Sfogliate questo blog, cercate in giro, la web è piena di stimoli e di informazioni verificate, sia scientificamente che statisticamente.

Sempre più quando si parla di "metodi" svaniscono, come evaporate, le parole "amore" e "affetto", quasi fossero pericolose per i "metodi", ci avete fatto caso?
E forse lo sono, ma a vantaggio dei nostri figli.
Se si ama sempre, se ci si sforza di amare e comprendere sempre si riesce anche a comunicare con i più piccoli, si riesce a intuirli, a comprenderli, a sentire finalmente come loro sentono il mondo che li circonda. E vi assicuro che quando accade è una grandissima sorpresa scoprirlo, è una esperienza straordinaria.

Se amiamo e comprendiamo, se ci sforziamo di farlo, impareremo a comunicare, a dialogare con i nostri figli e i "metodi" non serviranno più e le poche regole essenziali diventeranno comprensibili. Sforziamoci di far acquisire consapevolezza ai figli piuttosto che obbedienza. Sforziamoci di amarli senza se e senza ma, saranno più fortificati dal nostro amore e meno frustrati dalle nostre pretese.
E saranno uomini nuovi, non uomini cliché.

6 agosto 2012

Il co-sleeping secondo Estivill

Shhh.
In un suo recente breve video il dott. Estivill ci racconta di come “la comunità scientifica rispetta il co-sleeping (sonno condiviso) ma non lo raccomanda perché è un fatto culturale, non scientifico”.

Dice che “ci sono studi scientifici che dimostrano che i bambini che dormono con i genitori sentiranno poi sempre questa necessità di avere i genitori accanto per dormire”. E inoltre "quando saranno più grandi avranno problemi per andare in campeggio, per dormire a casa dei nonni, a casa di amici”. Il co-sleeping “non è benefico per loro perché non gli dà autostima né autonomia”.

Insiste dunque sul fatto che “il co-sleeping è un fatto specificatamente culturale. Ad esempio nel Malawi (Sudafrica) i bambini dormono con i genitori, sì, ma perché lì necessariamente dormono tutti insieme: bimbi, genitori, nonni e capre, perché sono molto poveri. Tant’è che quando hanno occasione di progredire economicamente suddividono gli spazi in modo che ognuno abbia il proprio”.

Conclude Estivill ripetendo che “il co-sleeping non è una raccomandazione scientifica. I bambini che dormono da soli sono più sicuri e possono andare a dormire dagli amici, dai nonni, in campeggio e hanno molta più sicurezza”.

La disinformazione contenuta in queste affermazioni è evidente. E' solo uno spot che il dott. Estivill fa per aumentare il proprio appeal mediatico, uno sciorinare pensieri in libertà (che gli fanno tornare i conti col suo famigerato metodo) con una disinvoltura e approssimazione che i bambini (soggetto/oggetto di tutto questo) non meritano.
Non c'è nessun condizionamento negativo che derivi dal co-sleeping. Anzi, al contrario, molti sono i benefici riconosciuti. Sembra che il dott. Estivill predichi sempre in nome della comunità scientifica ma in realtà questa sembra sempre più prendere le distanze dal famoso pediatra. Nessun vizio (v. "E se poi prende il vizio?" di A. Bortolotti), nessun deficit di autostima né di autonomia. Anzi.

"Tutte le ricerche che hanno indagato sulla presenza di correlazioni tra cosleeping e disturbi comportamentali e emotivi hanno concordemente dato esiti negativi." E' la conclusione alla quale giunge una curata Rassegna della letteratura scientifica sul cosleeping a cura di S.O.S. Crescere, Associazione per la tutela dell'età evolutiva, che invito a leggere con attenzione. E buon co-sleeping a tutti :)

4 giugno 2012

Co-sleeping e nonsense

I love him
Il dott. Pin Arboledas, pediatra, consulente del sonno di serpadres.es e co-autore, con il suo amico Eduard Estivill, di Pediatría con sentido común, ci avverte in un recente video, breve ma intenso, circa il pericolo insito nel Co-sleeping reattivo: "Quando a un certo punto non ne posso più metto il bimbo nel mio letto. Questo è il Co-sleeping che gli operatori sanitari ritengono sia sbagliato e ha conseguenze sullo sviluppo... e abbiamo dati su questo".
A riguardo, lo psicologo Ramón Soler commenta in un recentissimo e appassionato articolo che "non si tratta di una lotta di potere... E' noto che il bambino non piange per un capriccio, lo fa perché sta chiedendo di essere accolto in alcuni bisogni fisiologici di base ed emotivi, legittimi e naturali. Un bambino non piange per manipolare o asservire i suoi genitori, lo fa perché è veramente nel panico quando si accorge che c'è non c'è nessuno accanto a lui per proteggerlo.
I genitori che portano il loro bambino verso il letto di famiglia non sono genitori che hanno 'ceduto' alla pressione e ricatto del bambino, come vuole far credere questo medico. Sono genitori che, notando la sofferenza del loro bambino, hanno deciso di modificare le loro modalità. Nella loro ricerca di soluzioni, hanno deciso di seguire il loro istinto e dormire con loro figlio. Questi genitori devono essere sostenuti, invece di essere spaventati con studi assurdi e mezze verità."

"Ci sono alterazioni nella struttura del sonno ... abbiamo visto che quando vi è Co-sleeping reattivo, dimiuisce la fase REM. La fase REM è quella che permette al bambino di fissare nella memoria ciò che apprende durante il giorno e quella che le permette di controllare un poco i suoi impulsi".
"Affermazioni allarmistiche", commenta Soler, "il tentativo è di spaventare i genitori e averli sotto il controllo della conoscenza scientifica presunta. Qualcosa come 'mi sta dicendo che se ho messo mio figlio nel letto, hanno poi problemi di memoria? Per favore, dottore, mi dica quello che devo fare!' ".
"Circa il 'controllo degli impusi' ", prosegue Soler, " neurologi che studiano lo sviluppo del sistema nervoso ci dicono che è a partire dal secondo o terzo anno che si sviluppa la corteccia prefrontale, che permette ai bambini di cominciare a controllare gli impulsi che provengono dalle parti più profonde del cervello. Gerdhart Sue spiega perfettamente e dice anche che lo sviluppo della corteccia prefrontale è stimolata dalla cura, carezze e coccole che il bambino ha avuto nei suoi primi anni di vita, compreso il co-sleeping."

"C'è un maggior numero di risvegli. E' un sonno di minore efficienza, di qualità inferiore. "
Soler non vede dove sia il problema... Si tratta piuttosto di una logica conseguenza della grande intelligenza del bambino. Lasciato solo durante i primi mesi di vita, proprio quando si sente meno protetto, il bambino avrà bisogno di tempo per ritrovare la fiducia nei loro genitori. "Chi lo assicura che non lo lasceranno solo di nuovo dal momento che già l'hanno fatto? La sua vita dipende totalmente da loro e dunque dovrà stare più attento per capire capire che ancora sono lì con lui e non lo hanno abbandonato. Dopo queste esperienze traumatiche, è logico che sia più irrequieto e si svegli di più durante la notte."

"Il Co-sleeping reattivo lascia dedurre che, a volte, si sta creando un tipo di attaccamento non sicuro, un attaccamento dipendente."
"Sicuramente nei primi momenti, quando si attua il Co-sleeping, dopo che per tre mesi il bimbo ha dormito separatamente dai suoi genitori, il bambino sarà più irrequieto e più esigente. Man mano che si assicura che i genitori ci sono e non se ne sono andati di nuovo, si calmerà e tornerà a un sonno più tranquillo e normale. Tutti gli esseri umani, dopo un trauma, hanno bisogno di tempo per riconquistare l'autostima e la fiducia negli altri. I bambini anche."

"Il Co-sleeping reattivo non lascia di essere un riflesso circa il tipo di educazione che il bimbo sta ricevendo in generale, in termini di dipendenza / non-dipendenza, in termini di limiti / non limiti educativi."
Qui Soler perde il controllo :-) "Ecco la tirata finale, comportamentale e autoritaria. È stato smascherato quale lupo in camice bianco. Ci sono voluti meno di due minuti per dimostrare l'idea che i genitori che dormono con i loro bambini sono permissivi e non sanno stabilire limiti. Sono tipici argomenti patriarcali adultocentrici: 'il bambino non può dominarvi', 'dovete insegnare sin da piccoli che la vita è dura', 'bisogna vivere momenti di frustrazione' ecc."

Il Co-sleeping è un atto d'amore, non una modalità di controllo educativo; assecondando l'istinto - soprattutto nei primi mesi di vita di nostro figlio - e rispondendo al pianto o al disagio non sbagliamo.
Per cui, querido Dr. Arboledas, non ne facciamo un problema di una cosa così semplice, no?
Oltretutto in quanto pediatra non penso la sua attività si ponga centralmente rispetto agli studi sul sonno, avrà a che fare principalmente con influenza, mal di gola, bronchiti e infermità varie, no? Per cui chi glielo fa fare (a lei e al suo collega Estivill) di dogmatizzare su una materia che non pertiene esattamente alle sue incombenze quotidiane? O magari lei ha personali radici di sofferenza da 'tramandare' ai posteri? Ma allora è un problema suo, se lo risolva e non terrorizzi i genitori, grazie.

3 gennaio 2012

Il sonno condiviso

New FatherIl Co-sleeping è una pratica in cui i neonati e i bambini dormono accanto a uno o entrambi i genitori, e non in una stanza separata. La modalità più stretta è quella del Bed-sharing, dove genitori e figli dormono tutti insieme nel lettone. Dormire tutti insieme nel lettone è una pratica normale in molte parti del mondo, ad esclusione di Nord America, Europa e Australia. Uno studio del 2006 in India ha rivelato che il 93% dei bambini dai 3 ai 10 anni dormono coi genitori.
Largamente diffuso fino al 19° secolo, il dormire insieme sta riacquistando senso e significato nella cultura occidentale, soprattutto nell'ambito della pratica dell'Attachment parenting. A questo link potete leggere un bell'articolo a riguardo che ho selezionato dal sito bambinonaturale.it.

2 ottobre 2011

Ottobre, è tempo di giocare!

Leaf attackOttobre è il mese in cui l'associazione Attachment Parenting International focalizza la propria attività su un aspetto particolare della genitorialità. In questo anno 2011, il tema sarà "Families at Play", "Famiglie in gioco: coltivare relazioni genitore-figlio attraverso il gioco". (Vedi post Families at play)
Attraverso attività, eventi, informazioni, "Families at Play" incoraggia un sano sviluppo socio-emotivo del bambino e relazioni genitori-figli per una società più sana.
Attachment Parenting International - un grande organismo no-profit che ha lo scopo di educare e offrire supporto per un rafforzamento dei rapporti familiari - invita i genitori a diventare e / o promuovere "Famiglie in gioco" in occasione di questa edizione del AP month.
Il tema scelto quest'anno vuole essere una precisa indicazione in relazione a un'attività talvolta trascurata ma importante, una modalità divertente per un sano sviluppo socio-emotivo e per rafforzare il legame familiare.
Durante questo mese, i genitori sono invitati a rivalutare le attività quotidiane e le abitudini; sperimentare nuovi modi per lasciarsi coinvolgere affettivamente con i loro figli; giocare insieme per crescere insieme e come opportunità per stare vicini.
Trovate tutte le informazioni alla pagina Families at Play del sito Attachment Parenting International.

29 settembre 2011

Teneramente papà

"Aho, gli americani so’ forti... ammazza gli americani, aho !!!" (Alberto Sordi)
Hai una bimba? Prova a essere il suo Fantastico Cavaliere per un ballo improvvisato, così che possa gioire d'ammirazione per te :-) Guarda in questo video cosa succede nel Washington Square Park di New York...

21 settembre 2011

Attachment parenting: crescere i figli con empatia

Sep 26 (10)Che cos'è l'Attachment Parenting? La comune traduzione in un brutto italiano, "Genitori con Attaccamento", fa pensare erroneamente a genitori iperprotettivi, che stanno incollati ai figli, e dà un appiglio ai detrattori di questo approccio, per il quali si tratta di un modo per viziare i bambini. Ma in effetti l'Attachment Parenting non fa in fondo che ratificare una legge di natura: i piccoli hanno bisogno della presenza amorevole e costante dei loro genitori, e questi sentono istintivamente il desiderio di essere loro accanto, di toccarli, di tenerli in braccio, di rispondere prontamente alle loro richieste.
Inizia così un bellissimo articolo scritto da Antonella Sagone, psicologa e consulente professionale in allattamento materno. Si occupa da 25 anni di gravidanza, parto e primi anni di vita, assistendo le madri nel percorso nascita e nell’allattamento ed effettuando presso le strutture ospedaliere corsi di formazione agli operatori sanitari impegnati nell’assistenza alla madre che allatta.
E' un articolo esplicativo, chiaro, condotto non solo con evidente competenza ma anche con sensibilità ed eleganza. Potete leggerlo a questo link.

20 settembre 2011

"Ciao, piccolo": sono tuo padre

Le carezze del papà fanno il bimbo più forte e sicuro. E' la teoria di Gino Soldera che da anni si occupa del vincolo di amore tra genitori e figli quando ancora stanno nella pancia. "Uno dei meriti della psicologia prenatale è quello di aver messo in evidenza che in ogni individuo esiste un progetto di vita e che questo può essere rintracciato a partire dal concepimento" dice Soldera. In accordo con le ultime osservazioni sperimentali, basate, soprattutto, sull'ecografia, si è potuto provare che il feto avverte la presenza del papà. Per esempio, quando poggia la mano sulla pancia, il piccolo rallenta il suo battito cardiaco (che si fa più regolare), perché è capace di distinguere il tocco paterno.
Si è anche dimostrato mediante l'ecografia che quando il papà torna a casa il bimbo si muove di più, come se si rallegrasse. Percepisce il suo arrivo tramite il timbro della voce che, molto presto, all'incirca verso il sesto-settimo mese di gravidanza, impara a differenziare da quello della madre.


>> COME SI FA


Serenità totale. Occorre che tu ti sieda per terra, con le spalle appoggiate alla parete e le gambe divaricate. La tua compagna si siederà tra le tue gambe, rilassando la schiena sul tuo petto e poggiando la testa sulla tua spalla.
Potete anche poggiarvi sul materasso, su dei cuscini. Abbracciale la pancia. Respirate insieme, rilassandovi e concentrandovi sull'immagine mentale di vostro figlio. Domantategli se sente piacere in questo momento, nell'essere cullato. Con dolci movimenti ondulatori, molto lenti, cullate il vostro piccolo. Se volete potete cantare una melodia o mettere una musica rilassante di fondo, che potete anche mettere quando il piccolo sta nascendo. Continuate per circa dieci minuti. Dopodiché ringraziate vostro figlio per avervi regalato questo momento di serenità.


Massaggio dolce. Sedetevi in un luogo tranquillo e silnzioso, respirate profondamente e rilassatevi. Quando vi sentite pronti, appoggiate la mano sulla pancia, salutate il vostro piccolo e provate a parlare con lui interiormente, comunicandogli tutto il vostro amore. Dopodiché iniziate ad accarezzarlo. Potete iniziare esercitando una leggera pressione con il dito, che richiamerà la sua attenzione. Proseguite, continuando a toccare la pancia in diversi modi, con il dorso e con il palmo della mano, utilizzando la punta delle dita e con i pollici.
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Gino Soldera, psicologo psicoterapeuta e presidente dell’ANPEP (Associazione Nazionale di Psicologia e di Educazione Prenatale) è autore di testi sulla vita prenatale: "Conoscere il carattere del bambino prima che nasca", "Le emozioni della vita prenatale", "Premassaggio d'Amore in Gravidanza".
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Fonte: rivista My bebé y yo, traduzione e adattamento di paternamente.it

8 settembre 2011

Attachment parenting

È accaduto a Stoccolma un paio di settimane fa ed è stato riportato da diversi organi d’informazione: un 46enne, un consigliere comunale di Canosa di Puglia, è stato arrestato dalla polizia della capitale svedese, dove si trovava in vacanza con la famiglia, per aver rifilato uno schiaffo in pubblico al figlio di 12 anni. Il consigliere ha passato tre giorni in carcere perché in Svezia, hanno spiegato all’ambasciata italiana, i ceffoni ai minori non sono tollerati.

Lasciamo stare nello specifico se ha fatto bene o ha fatto male, se in Svezia sono scemi o sono più savi di noi (è stato il primo paese ad introdurre la legge che vieta anche la sculacciata leggera, un divieto dettato dalla necessità di ridurre i maltrattamenti di minori soprattutto tra le mura familiari. Figuriamoci quando hanno visto un papà dare un ceffone in pubblico...).

La questione che secondo me si pone è: abbiamo un metodo educativo in testa quando ci rapportiamo coi nostri figli, dalla nascita in poi?
Applichiamo metodologie e prassi vissute ed ereditate e dunque valide perché si è "sempre fatto così" oppure siamo disponibili a mettere in discussione le modalità con le quali ci rapportiamo con i nostri figli?
Siamo convinti di essere "nel giusto" per il semplice fatto che siamo i papà e dunque "sappiamo come si fa" per definizione?
Il discorso ovviamente si fa più ampio che la semplice valutazione di uno schiaffo a un figlio dodicenne, anche se è comunque meglio chiederci (per noi papà, per i nostri figli, per la società) come fare per migliorare il nostro ruolo genitoriale. Mi sembra una domanda di buon senso.

Come individuare una linea educativa che effettivamente si preoccupi del bene dei nostri figli e che metta al primo posto la nostra relazione con loro? Avere ragione noi, imporre la nostra volontà è così importante se poi nostro figlio si irrigidisce quando ci vede entrare nella stanza?

Dinuovopapà a 52 anni, mi sono ritrovato con una grandiosa opportunità di riaffrontarli questi temi. E di affrontarli da subito in modo rinnovato, con curiosità e disponibilità a mettere in gioco qualunque certezza o presunta tale.

Un approccio efficace molto l'ho trovato nell'Attachment Parenting. Cos'è?

(Un tentativo di traduzione di Attachment Parenting potrebbe essere quello di "genitoriaggio affettivo" ma è atroce. Si avvicina più "affetto genitoriale" ma secondo me Attachment Parenting è intraducibile, sarebbe meglio lasciarlo così)

La visione a lungo termine dell'attachment parenting è quella di aiutare i bambini che diventeranno adulti a crescere con una capacità molto sviluppata di empatia e capacità di relazione. L'attachment parenting elimina la violenza come un mezzo per crescere i figli, e aiuta in ultima analisi, a prevenire la violenza nella società nel suo complesso.

L'essenza dell'Attachment Parenting è di formare e coltivare forti legami tra genitori e figli. L'attachment parenting ci spinge, come genitori, a prenderci cura dei nostri figli con gentilezza, rispetto e dignità, un modello di interazione che ci piacerebbe fosse anche il loro modo di interagire con gli altri.

L'Attachment Parenting non è nuovo. Per molti aspetti, è un ritorno ai comportamenti istintuali dei nostri antenati. Negli ultimi 60 anni, i comportamenti di attaccamento sono stati studiati in modo esteso dalla psicologia e dalla ricerca che tratta dello sviluppo del bambino, e più recentemente, da ricercatori che studiano il cervello.
Informazioni specifiche le trovate nel sito Attachment Parenting International.

2 settembre 2011

Papà, allattamento al seno e altro

Il neo papà potrebbe pensare di avere un ruolo secondario circa l'alimentazione del suo bambino. Assolutamente no! 
Studi hanno dimostrato che l'atteggiamento del padre è il fattore che maggiormente influenza la decisione della madre di allattare il suo bambino o meno.

L'istinto del papà è quello di proteggere la sua nuova famiglia. Un modo è quello di sostenere la decisione della mamma di allattare al seno il bambino. Potete leggere libri sull'argomento o frequentare le lezioni con la vostra partner sull'allattamento al seno. Il papà può anche aiutare a prevenire le critiche di altri circa la decisione presa, in particolare durante le prime settimane.


I papà insegnano ai loro figli che l'amore è molto di più di un cibo, di un alimento, e che c'è un mondo oltre il "mondo mamma". Costruire una relazione con il figlio arricchirà la vita di tutti e due e anche la vita della mamma.

Trovare il proprio modo di divertirsi con il bambino: occuparsi del bagnetto, spingerlo nel passeggino (o meglio ancora portarlo addosso in un mei tai!) o essere il primo a dare un sonaglio e altri giocattoli che fanno rumore. 

E ricordate che i neonati amano dormire sul petto di papà.

Te che altri modi suggerisci per costruire la relazione con il bebè?

Fonte: nacersano

17 agosto 2011

Families at play

Families at play è un programma di attività promosso e organizzato per il prossimo mese di ottobre 2011 da Attachement Parenting International, un grande organismo no-profit che ha lo scopo di educare e offrire supporto al fine di un rafforzamento dei rapporti familiari.
"Famiglie in gioco: Coltivare relazioni genitore-figlio attraverso il gioco" è un invito a riflettere e soprattutto a ritrovare la gioia di giocare coi propri figli, senza nascondersi dietro atteggiamenti tipo "non sono bravo con i giochi" o "il mio bambino non vuole / deve giocare con me" o "i miei figli sono troppo vecchi per questo genere di giochi "oppure" i miei figli sono già impegnati nello sport "o" Sono troppo vecchio / rigido / fuori forma / occupato / stanco per questo" ecc.
Molti genitori si sentono tagliati fuori da queste cose. Tuttavia i genitori che giocano regolarmente con i loro figli stanno facendo più che "semplicemente" un po' di divertimento...

Quando i genitori dedicano del tempo (inestimabile e prezioso) e attenzioni nel gioco con i loro figli, vengono condivisi sentimenti profondi, vissuti in un contesto di divertimento. Le tensioni possono essere allentate e persino risolte. I bambini ricevono potenti stimoli cerebrali che si riflettono nello sviluppo sociale, emotivo e cognitivo. Se sono impegnati fisicamente, i vantaggi si moltiplicano. Studi hanno dimostrato che il gioco tra genitori e figli genera benefici nello sviluppo:
  • stimolazione di reciproci e positivi sentimenti 
  • stimolazione visiva, uditiva e tattile
  • means-end relationship learning 
  • contatto fisico stretto
  • acquisizione del linguaggio, a volte sotto forma di canzoni (il cantare sviluppa competenze musicali e matematiche)
Il vantaggio non è solo per i bambini ma ne trova giovamento anche il rapporto genitore-figlio.

Ma la cosa forse più importante è il messaggio che arriva ai bambini, per cui il tempo che si trascorre giocando con loro rappresenta per il genitore la cosa più importante, ha la precedenza su tutto. Senza poi dimenticarsi che correre, giocare e divertirsi è un'attività utile e importante per tutte le età!

Il giocare, dei ragazzi, è un fatto universale, riconosciuto come evolutivamente importante e anche considerato come linguaggio e attività primaria di un bambino - per anni.
Con Family at play l'obiettivo è quello di far recuperare la capacità di giocare a i genitori, aiutandoli a diventare più consapevoli dell'importanza dell'interazione genitore-bambino attraverso il gioco.

Articolo originale: AP Month
Traduzione: paternamente.it