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8 ottobre 2011

Papà "anziani" = spermatozoi difettosi?

UntitledIn Olanda, presso il Radboud University Nijmegen Medical Centre è stato realizzato un primo studio sul collegamento fra papà non più giovanissimi e maggior rischio nei bambini di difetti cromosomici alla nascita.
Su 118 bambini ai quali è stato analizzato il genoma (codice genetico), 90 hanno evidenziato - secondo i ricercatori - mutazioni genetiche ricollegabili ai padri, alcuni dei quali erano tra i 40 e un po' sopra i 50 anni.

"Eravamo alla ricerca di una forma specifica di mutazione genetica che troviamo in alcuni bambini con disabilità intellettive", ha spiegato il capo ricercatore, dott.ssa Jayne Hehir-Kwa.
Genitori sani, dunque, ma bambini nati con anomalie cromosomiche, in cui le sequenze di DNA sono mancanti, ripetute, invertite o fuori luogo e che hanno dato luogo a disabilità intellettive.

A differenza della sindrome di Down - associata all'età delle madri - in cui un intero cromosoma è duplicato, in questo caso i difetti cromosomici "sono casualmente sparsi in tutto il genoma", ha affermato Hehir-Kwa.

I ricercatori hanno l'obiettivo di sviluppare un test prenatale verso alcune disabilità, che si verificano ad un tasso di 1% delle nascite. "Le varianti [genetiche] che abbiamo osservato spiegano circa il 10% per cento di quell' 1%", ha detto.

La dott.ssa Hehir-Kwa sospetta che i problemi del DNA derivino dalla produzione di spermatozoi difettosi negli uomini più anziani. Nel cercare di individuare la "fonte" del DNA difettoso sembrerebbe infatti che sia il papà il "colpevole".

E' dunque ed evidentemente una ricerca ai primissimi passi e dissuaderà difficilmente chi ha intenzione di riprodursi pur non essendo più trentenne. Magari senza aspettare 94 anni per fare il primo figlio, come ha fatto Ramajit Raghav, che ha strappato il record di anzianità a Nanu Ram Jogi, che il 21° figlio lo ha fatto a 90 anni!

Per leggere l’intero articolo su theglobeandmail.com clicca qui.

28 settembre 2011

La paternità allunga la vita

Father and Child
Secondo uno studio, che è stato realizzato da numerose università americane, governo degli Stati Uniti e AARP (precedentemente noto come American Association of Retired Persons), è stato sostenuto che anche se la paternità può abbassare i livelli di testosterone (ormone sessuale maschile), può contribuire però ad aumentare la durata della vita.
La nuova ricerca afferma che i papà sono meno vulnerabili alle cardiopatie rispetto agli uomni senza figli.
Lo studio - di durata decennale - è il più grande che i ricercatori abbiano mai condotto sulla mortalità e sulla fertilità maschile, ed ha coinvolto oltre 137.000 individui fra i 50 e 71 anni. Anche se un singolo studio è poco per confermare la relazione paternità / ridotte cardiopatie fatali, ci sono numerosi aspetti che favoriscono questo rapporto.
La maggior parte degli specialisti di malattie cardiache ha confermato questa possibilità.
Lo studio giunge alla conclusione che gli uomini sposati che non hanno figli hanno un rischio maggiore di morire per malattie cardiovascolari, sviluppatesi dopo i 50 anni, rispetto agli uomini con due o più figli.
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Fonti: Topnews, AGI-Salute, HumanReproduction

27 settembre 2011

Disprassia, il disturbo nascosto

Harry Potter
La Disprassia è un disturbo nascosto.
Si manifesta con una capacità ridotta di compiere movimenti volontari, coordinati sequenzialmente tra loro, in funzione di uno scopo.
È una malattia che colpisce il 6% della popolazione infantile tra 5 e 11 anni. 
E' un problema dell'organizzazione del movimento che può anche influenzare il modo di apprendere di un bambino a scuola. 
bambini disprattici imparano una cosa ma fanno fatica a generalizzare e ad associare, trovando strategie.

È più comune nei ragazzi piuttosto che nelle ragazze e può comportare goffaggine, problemi nell'organizzare il lavoro e nel seguire delle istruzioni. L'aspetto caratterizzante della disprassia è la non corretta esecuzione di una sequenza motoria che risulta alterata nei requisiti spaziali e temporali e spesso associata a movimenti non richiesti. (Disprassia)
Il bambino disprattico, in genere, non si sa "organizzare" nelle "azioni" che compie. Ad esempio: il gioco risulta povero e ripetitivo, non si sa spogliare e soprattutto non riesce a vestirsi da solo, è difficile che attivi spontaneamente la capacità di disegnare. Il disegno appare, comunque, anch’esso, povero; in scuola materna spesso rifiuta di disegnare. (Aidee)

"La disprassia è una patologia complessa, con complicazioni che vanno dal motorio al cognitivo. Non sempre si ha la compresenza di tutti e due. Il bambino disprassico è difficilmente diagnosticabile in tenera età perché quasi sempre si tende a considerare solo il suo disturbo del linguaggio. Importante è una tempestiva diagnosi che non sempre viene attuata. Alla terapia di un logopedista si deve accompagnare spesso anche quella di un psicomotricista. I bambini con disprassia hanno quasi sempre problemi di organizzazione spazio-temporale. Sarà difficile per loro organizzarsi quindi nella consequenzialità dei movimenti: per es. vestirsi partendo dalla biancheria intima e dopo maglia e pantaloni.
Gli individui affetti da disprassia, spesso trovano difficoltà a mettere in ordine le varie fasi di un racconto e a trovare i termini. Non che non lo sappiano, ma non trovano dentro di loro la memoria dei vari passaggi. Altre volte si presentano problemi anche di manualità fine, tanto che a scuola saranno bimbi con problemi ortografici, oppure problemi che riguardano il movimento oculare (difficoltà a seguire le righe del quaderno e a leggere, il bimbo invece di muovere solo gli occhi, muove anche il corpo a seguire lo sguardo). La sensibilità tattile è spesso ridotta, problema complesso e molto spesso sottovalutato dai vari neuropsichiatri e terapisti." (Wikipedia)

Se vostro figlio presenta modalità pisco-motorie che possano far intuire una possibile diagnosi di Disprassia, rivolgetevi subito a uno specialista per un'osservazione precoce e competente. Un sito di riferimento per la Disprassia, dove potete trovare informazioni utili e anche la possibilità di contattare la dott.ssa Letizia Sabbadini (Neuropsicologa clinica. Docente presso l'IRCCS Santa Lucia Roma e l'Università LUMSA Roma) è quello dell'Associazione Italiana Disprassia Età Evolutiva - AIDEE, di cui appunto la dott.ssa Sabbadini è Presidente.
Wow.
Anche in sede di accertamento di danni da vaccino è stata riconosciuta in alcuni casi la relazione tra vaccino e disprassia. Chi fosse intenzionato a esplorare questa eventualità - e dunque il riconoscimento di danno - può rivolgersi alle Associazioni che si occupano dei danni correlati alle vaccinazioni. Segnalo il Coordinamento Nazionale Danneggiati da Vaccino - Condav e il Coordinamento del Movimento Italiano per la Libertà delle Vaccinazioni - Comilva.

Daniel Radcliffe, meglio conosciuto per il ruolo del mago, HarryPotter soffre di una lieve forma di disprassia e lui è probabilmente il più famoso disprassico dell'era moderna.

7 settembre 2011

Tale padre tale figlio

"I papà trasmettono la loro abitudine al fumo ai figli maschi, e lo stesso vale tra madri e figlie": a sostenerlo e' Maria Loureiro dell'Universidade de Santiago de Compostela (USC), in Spagna, che ha condotto uno studio sulla trasmissione dell'abitudine al fumo tra le generazioni. ''Tuttavia - continua la studiosa - il fatto che una madre abbia il vizio del fumo non sembra avere un impatto sul vizio del figlio maschio e, analogamente, un padre che fuma non pregiudica il comportamento della figlia''.
Lo studio, pubblicato su Oxford Bulletin of Economics and Statistics, si e' basato sui dati raccolti tra il 1994 e il 2002 dal British Household Panel Survey. ''Abbiamo scelto questa fonte di dati in quanto fornisce informazioni dettagliate sui prodotti consumati nelle famiglie, tra cui il tabacco'', spiegano gli esperti.

Dall'incrocio dei dati i ricercatori hanno messo in evidenza che le probabilita' che un ragazzo inizi a fumare se entrambi i genitori hanno il vizio e' del 24%, percentuale che scende al 12% se entrambi i genitori non fumano. Per le figlie la probabilita' di cominciare con le sigarette se entrambi i genitori fumano e' del 23%, che scende al 12% se nessuno dei genitori ha il vizio. ''Questi risultati dimostrano che le politiche pubbliche per combattere il fumo tra i genitori possono modificare anche il comportamento dei propri figli'', conclude Loureiro.

Fonte: asca