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28 ottobre 2013

Halloween è davvero necessario?

halloween

Guardatevela dalla parte che preferite questa cosa di halloween, a me non piace. Quando ero bambino era semplicemente una roba degli americani. Adesso è un business planetario.

Potete credere o non credere al diavolo e al fatto che (da festa della tradizione celtica che era) è la più grande occasione dell'anno per i satanisti per fare proseliti; potete credere o non credere che la piega hard che la festa ha assunto negli ultimi anni possa provocare malesseri ai bambini.

E' un fatto, comunque, che Gareth Hadley  - direttore del personale penitenziario britannico - già da tempo ha emanato un provvedimento in favore dei detenuti nelle reali galere adoratori del diavolo (devil worshippers) a cui è riconosciuto un giorno di riposo per motivi religiosi, e pure (guarda caso) gli viene consentito di celebrare la festività di halloween. (qui l'articolo originale e qui un commento in italiano)

Che ne pensate? Io ritengo sia meglio che i nostri figli stiano fuori da questi giochi.
E se qualcuno dubita, beh... In dubiis abstine, nel dubbio astieniti.
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[tanto per chiosare un po', leggetevi un simpatico post su halloween  a questo link e un approfondimento ben documentato a quest'altro link]

11 marzo 2013

Umiltà

Tree RootsAvere equilibrio nel rapporto con i figli richiede una buona dose di umiltà. I nostri desideri e i nostri bisogni spesso e volentieri, durante la giornata, entrano in collisione con quelli dei nostri bambini. Umiltà è sforzarsi di contestualizzare la nostra volontà di affermazione in uno scenario più ampio che comprenda, appunto, quella degli altri, quella dei nostri figli.

Se poi la scelta dell'attachment parenting non è condivisa, non appartiene cioè sia a noi che al nostro partner, risulta chiaramente più complicato trovare equilibrio nella coppia e nel rapporto con i figli. Si vorrebbe dire all'altro che sta sbagliando e in effetti, quando lo si dice (o magari lo si urla) il rapporto si complica perché ne nasce una conflittualità.
E' su questi argomenti che ci fa riflettere un articolo sul blog dell'API (Attachment Parenting International) e che potete leggere a questo link.

Scegliere l'attachment parenting significa a volte operare un cambiamento profondo rispetto alle credenze tramandateci, alle pratiche educative delle quali forse noi stessi siamo stati oggetto, ad esempio sgridate continue di papà e mamma volte a ottenere "ubbidienza" e "rispetto". Non che non debbano esistere regole, solo che le modalità "aggressive" possono ottenere effetto a breve termine (sicuro che ottengono effetto? Se le sgridate sono continue vuol dire che qualcosa non funziona...) ma certamente non a lungo.

Peraltro attaccare vuole dire costringere l'altro a mettersi sulla difensiva.
Attaccarsi, fra genitori, vuol dire costringersi a difendersi. E questo non funziona. Si può aver fatto la scelta dell'attachment parenting ma sappiamo che le abitudini sono dure a morire, per cui rinfacciarsi l'un l'altro gli errori che - nella foga del momento - si commettono non porta lontano.

Come venirne fuori?
Smettere di essere in conflitto, aprirsi e confidarsi.
"Voglio smettere di alzare la voce con i bambini ma la cosa mi parte in automatico... e questo mi provoca frustrazione... secondo te come posso venirne fuori? Che posso fare...?"

Dobbiamo trasformare la battaglia (contro le vecchie abitudini) di uno verso l'impegno di due, non essere più da soli. Aprirsi, chiedere aiuto, essere umili, questo porta lontano. Quello che è il "mio" impegno educativo diventa il "nostro" impegno, si diventa compagni di viaggio.

Umiltà è non ritenersi "superiori"; umiltà è riconnettersi con la realtà, è recuperare la percezione del terreno (humus) dove affonda la nostra radice che ci rende tutti umani e perfettibili. Siamo in viaggio quotidianamente, impariamo e cresciamo, in questa splendida opportunità che ci è stata concessa di far crescere una vita accanto a noi, un bene prezioso che richiede il nostro totale impegno.

29 ottobre 2012

Cosa si nasconde dietro ad Halloween?

halloween"Il messaggio subdolo di Halloween si è ben insinuato nelle nostre case e ciò che sembra un innocente carnevalino promuove invece messaggi, azioni e intenzioni di tutt’altro genere e natura." No, non è una raccomandazione bigotta di un papà apprensivo. Halloween, la notte delle streghe, è realmente una grande festa satanica.
È per i satanisti il giorno più magico dell'anno e in queste notti si moltiplicano i rituali satanici come le messe nere, le iniziazioni e l'avvio allo spiritismo e stregoneria. Ci avverte di tutto questo il Servizio Antisette della "Comunità Papa Giovanni XXIII" - fondata dal grande don Oreste Benzi - che si è attivata da diversi anni per contrastare il dilagante fenomeno delle sette occulte, che creano vittime e nuove forme di schiavitù nella nostra società. Il Servizio Antisette collabora dal novembre 2006 con la Polizia di Stato nel gruppo di indagine denominato S.A.S. (Squadra Anti Sette).

Con questi fatti ci dobbiamo fare i conti tutti quanti, pure quelli che non sono credenti, perché l'innocuità apparente di certe feste e giochi per giovani e bambini costituisce un importante percorso attrattivo verso una mentalità magico-esoterica.
Nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre si compiono riti satanici in molte chiese sconsacrate e in molti cimiteri. Si rubano le ostie consacrate e si dissacrano i luoghi della tradizione cristiana.
Occhio poi agli incontri sconosciuti, ambigui e dunque ad alto rischio perché segreti o riservati.

Vi sembra ancora tutto un po' esagerato? Arricchite la vostra informazione, leggete, approfondite. Il male - comunque lo vogliate chiamare - è un fatto reale e la cronaca di tutti i giorni ce lo conferma, se mai ci fossero dei dubbi. Ecco uno spunto di approfondimento a questo link, si tratta della testimonianza di una ex satanista pubblicata sul quotidiano nazionale cileno "El norte".

>> Vedi anche il post Halloween? No grazie

8 ottobre 2012

Un granello di sabbia

Noah & DaddyUn granello di sabbia è quando aggiungo una carezza.

E' quando gli dò un bacio all'improvviso, così, quando meno se lo aspetta, guardandolo negli occhi.

Un granello di sabbia è quando gli dico ti voglio bene non perché è stato bravo o ha rimesso a posto i giochi ma solo perché gli voglio bene, senza se e senza ma. E' quando ricaccio parole in gola, quando mi sforzo di trattenere la Pazienza che tenta di scappare via, lontano da me.

Un granello di sabbia è un sorriso che gli fa sentire che ci sono, che sto dalla sua parte e non lo giudico.

Un granello di sabbia è un attimo tangibile del mio amore incondizionato... Dio m'aiuti a far camminare mio figlio su una spiaggia.

3 gennaio 2012

Il sonno condiviso

New FatherIl Co-sleeping è una pratica in cui i neonati e i bambini dormono accanto a uno o entrambi i genitori, e non in una stanza separata. La modalità più stretta è quella del Bed-sharing, dove genitori e figli dormono tutti insieme nel lettone. Dormire tutti insieme nel lettone è una pratica normale in molte parti del mondo, ad esclusione di Nord America, Europa e Australia. Uno studio del 2006 in India ha rivelato che il 93% dei bambini dai 3 ai 10 anni dormono coi genitori.
Largamente diffuso fino al 19° secolo, il dormire insieme sta riacquistando senso e significato nella cultura occidentale, soprattutto nell'ambito della pratica dell'Attachment parenting. A questo link potete leggere un bell'articolo a riguardo che ho selezionato dal sito bambinonaturale.it.

2 ottobre 2011

Ottobre, è tempo di giocare!

Leaf attackOttobre è il mese in cui l'associazione Attachment Parenting International focalizza la propria attività su un aspetto particolare della genitorialità. In questo anno 2011, il tema sarà "Families at Play", "Famiglie in gioco: coltivare relazioni genitore-figlio attraverso il gioco". (Vedi post Families at play)
Attraverso attività, eventi, informazioni, "Families at Play" incoraggia un sano sviluppo socio-emotivo del bambino e relazioni genitori-figli per una società più sana.
Attachment Parenting International - un grande organismo no-profit che ha lo scopo di educare e offrire supporto per un rafforzamento dei rapporti familiari - invita i genitori a diventare e / o promuovere "Famiglie in gioco" in occasione di questa edizione del AP month.
Il tema scelto quest'anno vuole essere una precisa indicazione in relazione a un'attività talvolta trascurata ma importante, una modalità divertente per un sano sviluppo socio-emotivo e per rafforzare il legame familiare.
Durante questo mese, i genitori sono invitati a rivalutare le attività quotidiane e le abitudini; sperimentare nuovi modi per lasciarsi coinvolgere affettivamente con i loro figli; giocare insieme per crescere insieme e come opportunità per stare vicini.
Trovate tutte le informazioni alla pagina Families at Play del sito Attachment Parenting International.

30 settembre 2011

Prendiamoci il tempo di essere papà

DSCN4412_1 - This Father and Son Playing Catch Football
"No, papà non ha tempo per giocare con me...". Forse questa frase tuo figlio l'ha già detta a qualcuno o forse la pensa e basta, ob torto collo. Tempi difficili per chi ha un lavoro precario o è disoccupato, per due genitori che lavorano per arrivare a fine mese con preoccupazioni, tensioni, scoraggiamento, frustrazione. E anche chi lavora troppo, chi fa una libera e ben remunerata professione, può percepire la propria inadeguatezza rispetto alle richieste dei figli, espresse o tacite.
Di cosa hanno bisogno i nostri figli? Cosa decidiamo di dare loro?

Condividere tempo
- Piuttosto che "passare il tempo" con i nostri figli ("passare" non mi pare suoni bene, passiamo il tempo anche in sala d'attesa dal dentista piuttosto che a leggere un libro o navigare in internet) diciamo che "condividiamo" del tempo con loro, tempo dal quale tutti vogliamo ottenere qualcosa, sia noi che i figli. E' importante per loro sapere che non stiamo dandogli attenzione per "obbligo", ma perché anche noi abbiamo bisogno di stare con loro allo stesso modo che loro hanno bisogno di stare con noi. (Non sottovalutiamo la loro capacità percettiva così come non sopravvalutiamo la nostra presunta cacapità mimetica)

Pianificare
- Stabilità e sicurezza sono importanti per i ragazzi, per questo potremmo dedicare, programmandolo, un tempo da dedicare a loro, che sia un'ora al giorno piuttosto che un giorno sì e un giorno no, oppure un'altra articolazione settimanale. Per condividere del tempo con loro, per loro, facendo del nostro meglio per non modificare quanto stabilito. Così che le loro aspettative possano essere soddisfatte, regolarmente, e loro possano avere la percezione di quanto siano importanti per noi. Ciò che conta infatti non è tanto quanto noi possiamo dire riguardo quello che noi diamo a loro (tempo, affetto ecc. ) quanto quello che loro percepiscono di ricevere da noi, così che possa crescere quel rapporto di fiducia che è alla base di una vera relazione.

Un po' di tempo è meglio di niente
- Se lavorano sia papà che mamma o si è pendolari o addirittura si torna a casa solo il fine settimana, i figli lo comprenderanno che il tempo che si potrà dedicare a loro sarà oggettivamente limitato. Anche se si condividerà con loro solo un paio d'ore ogni settimana, questo potrà essere sufficiente. Finché si mantiene una scadenza regolare, rispettata, i figli non rimarrano delusi e il poco tempo trascorso con loro risulterà comunque prezioso.

No grandi piani
- I genitori che lavorano molto a volte si sentono in colpa per il fatto di trascurare i loro figli e a partire da quel senso di colpa costruiscono abitualmente grandi progetti per loro. Sentono che stupirli con effetti speciali - facendo anche qualcosa di dispendioso, andando in chissà quale distante parco acquatico o di divertimenti - può in qualche modo essere visto come una maniera per recuperare stima e affetto da loro, per il fatto di non vederli spesso. Ben venga qualunque programmazione di fine settimana o vacanza se è spontanea e svincolata da ogni senso di colpa. Se così non è, c'è il rischio che più grande è il "progetto di recupero", più grande sarà l'aspettativa. Se parliamo di costruire fiducia e relazione, se parliamo di empatia con i nostri figli, la verità è che ai ragazzi non importa se andiamo su un'astronave o al parco fuori porta. Non c'è bisogno di inventarsi sempre più mirabolanti fuochi d'artificio. Bastano davvero cose semplici, basta andare al parco a giocare a pallone o una passeggiata in bici e mangiare un pranzo al sacco insieme, coinvolti con loro "anima e cuore" e la maggior parte dei bambini sarebbe felice per questo. (Vedi anche etichetta gioco in questo blog)

La vita è una scelta continua e quello che scegliamo di essere lo possiamo realmente controllare. Se abbiamo scelto di essere papà, non importa quale tipo di genitori abbiamo avuto, come si è comportato con noi nostro padre, quanto tempo ha dedicato realmente a noi. Noi possiamo scegliere di essere diversi - di essere noi stessi - di essere papà che decidono di entrare in empatia coi loro figli, poco o tanto che sia il tempo che onestamente possiamo condividere con loro.
I nostri figli possono realmente fare a meno di tante cose materiali ma quello di cui non potranno fare a meno sarà il nostro amore e le nostre attenzioni. Ricordandoci che non è tanto quello che noi diciamo di fare per loro che conta, quanto quello che loro realmente percepiscono di ricevere da noi.
Non importa se non abbiamo disponibilità economiche per donargli oggetti o viaggi; e per chi le ha non basta neanche lavorare di più per ottenergli quel benessere che noi ritieniamo sia indispensabile, se quel lavoro porta via una cosa che per loro è la più importante del mondo: il tempo che noi condivideremo con loro.
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Fonte: basato su un articolo HealthNewsDigest.com

29 settembre 2011

Teneramente papà

"Aho, gli americani so’ forti... ammazza gli americani, aho !!!" (Alberto Sordi)
Hai una bimba? Prova a essere il suo Fantastico Cavaliere per un ballo improvvisato, così che possa gioire d'ammirazione per te :-) Guarda in questo video cosa succede nel Washington Square Park di New York...

27 settembre 2011

Disprassia, il disturbo nascosto

Harry Potter
La Disprassia è un disturbo nascosto.
Si manifesta con una capacità ridotta di compiere movimenti volontari, coordinati sequenzialmente tra loro, in funzione di uno scopo.
È una malattia che colpisce il 6% della popolazione infantile tra 5 e 11 anni. 
E' un problema dell'organizzazione del movimento che può anche influenzare il modo di apprendere di un bambino a scuola. 
bambini disprattici imparano una cosa ma fanno fatica a generalizzare e ad associare, trovando strategie.

È più comune nei ragazzi piuttosto che nelle ragazze e può comportare goffaggine, problemi nell'organizzare il lavoro e nel seguire delle istruzioni. L'aspetto caratterizzante della disprassia è la non corretta esecuzione di una sequenza motoria che risulta alterata nei requisiti spaziali e temporali e spesso associata a movimenti non richiesti. (Disprassia)
Il bambino disprattico, in genere, non si sa "organizzare" nelle "azioni" che compie. Ad esempio: il gioco risulta povero e ripetitivo, non si sa spogliare e soprattutto non riesce a vestirsi da solo, è difficile che attivi spontaneamente la capacità di disegnare. Il disegno appare, comunque, anch’esso, povero; in scuola materna spesso rifiuta di disegnare. (Aidee)

"La disprassia è una patologia complessa, con complicazioni che vanno dal motorio al cognitivo. Non sempre si ha la compresenza di tutti e due. Il bambino disprassico è difficilmente diagnosticabile in tenera età perché quasi sempre si tende a considerare solo il suo disturbo del linguaggio. Importante è una tempestiva diagnosi che non sempre viene attuata. Alla terapia di un logopedista si deve accompagnare spesso anche quella di un psicomotricista. I bambini con disprassia hanno quasi sempre problemi di organizzazione spazio-temporale. Sarà difficile per loro organizzarsi quindi nella consequenzialità dei movimenti: per es. vestirsi partendo dalla biancheria intima e dopo maglia e pantaloni.
Gli individui affetti da disprassia, spesso trovano difficoltà a mettere in ordine le varie fasi di un racconto e a trovare i termini. Non che non lo sappiano, ma non trovano dentro di loro la memoria dei vari passaggi. Altre volte si presentano problemi anche di manualità fine, tanto che a scuola saranno bimbi con problemi ortografici, oppure problemi che riguardano il movimento oculare (difficoltà a seguire le righe del quaderno e a leggere, il bimbo invece di muovere solo gli occhi, muove anche il corpo a seguire lo sguardo). La sensibilità tattile è spesso ridotta, problema complesso e molto spesso sottovalutato dai vari neuropsichiatri e terapisti." (Wikipedia)

Se vostro figlio presenta modalità pisco-motorie che possano far intuire una possibile diagnosi di Disprassia, rivolgetevi subito a uno specialista per un'osservazione precoce e competente. Un sito di riferimento per la Disprassia, dove potete trovare informazioni utili e anche la possibilità di contattare la dott.ssa Letizia Sabbadini (Neuropsicologa clinica. Docente presso l'IRCCS Santa Lucia Roma e l'Università LUMSA Roma) è quello dell'Associazione Italiana Disprassia Età Evolutiva - AIDEE, di cui appunto la dott.ssa Sabbadini è Presidente.
Wow.
Anche in sede di accertamento di danni da vaccino è stata riconosciuta in alcuni casi la relazione tra vaccino e disprassia. Chi fosse intenzionato a esplorare questa eventualità - e dunque il riconoscimento di danno - può rivolgersi alle Associazioni che si occupano dei danni correlati alle vaccinazioni. Segnalo il Coordinamento Nazionale Danneggiati da Vaccino - Condav e il Coordinamento del Movimento Italiano per la Libertà delle Vaccinazioni - Comilva.

Daniel Radcliffe, meglio conosciuto per il ruolo del mago, HarryPotter soffre di una lieve forma di disprassia e lui è probabilmente il più famoso disprassico dell'era moderna.

19 settembre 2011

Presenza padri: maggior sviluppo intellettivo e benessere tra i bambini

I padri che si impegnano attivamente nella crescita dei figli possono contribuire a renderli più intelligenti e con migliori relazioni fra i compagni, secondo una nuova ricerca della Concordia University.

Pubblicato sul Canadian Journal of Behavioural Science/Revue canadienne des sciences du comportement (luglio 2011), uno studio a lungo termine ha esaminato come i padri possono influenzare positivamente lo sviluppo dei loro figli attraverso la pratica genitoriale.

"I padri danno un importante contributo allo sviluppo del comportamento dei loro figli e della loro intelligenza", dice Erin Pougnet, PhD candidate presso la Concordia University - Dipartimento di Psicologia - e membro del Centro per la Ricerca in Sviluppo Umano (CRDH).

"Rispetto ad altri bambini con papà assenti, i bambini i cui padri sono stati genitori attivi nella prima e seconda infanzia avevano meno problemi di comportamento e superiori abilità intellettive man mano che crescevano, anche tra le famiglie con disagio socio-economico".

L'influenza paterna.
"Indipendentemente dal fatto che i padri vivevano con i figli, la loro capacità di porre dei limiti appropriati e strutturare il comportamento dei loro figli ha influito positivamente sulle capacità di problem-solving, sulla diminuzione di problemi emotivi, come la tristezza, isolamento sociale e l'ansia", continua Pougnet.

Un totale di 138 bambini e i loro genitori hanno preso parte allo studio e sono stati seguiti dai ricercatori in tre sessioni separate.

I bambini sono statiosservati nel periodo 3-5 anni di età e ancora una volta nel periodo di età fra i 9-13 anni. Hanno fatto test di intelligenza, mentre le loro mamme hanno compilato i questionari su ambiente domestico e conflitto di coppia. Tutti i bambini hanno fatto parte del più ampio Concordia Longitudinal Risk Research Project, uno studio intergenerazionale avviato nel 1976.

Insegnanti della scuola sono stati impegnati in qualità di osservatori dei comportamenti del bambino fuori casa. "Gli insegnanti erano una fonte un po' più indipendente di informazioni rispetto alle madri, padri o figli stessi", dice Pougnet, "perché l'assenza di un padre può causare conflitti in casa, sofferenza materna e del figlio".

Impatto maggiore sulle ragazze.
Dallo studio è inoltre emerso che sono le ragazze ad essere più colpite dall'assenza della figura paterna, anche se i ricercatori avvertono che l'assenza paterna può favorire altri problemi come la mancanza di sostegno o di disciplina.

"Le ragazze i cui padri erano assenti durante il periodo centrale della loro infanzia avevano livelli significativamente più elevati di problemi emotivi a scuola rispetto alle ragazze i cui padri erano presenti", dice Pougnet.

Le madri prestano cure altrettanto importanti.
Secondo i dati statistici 2007, in Canada è in aumento il numero di famiglie monogenitoriali in tutto il paese. L'agenzia stima che circa il 13% delle famiglie canadesi e il 22% delle famiglie del Quebec sono composte di nuclei familiari in cui i padri biologici sono assenti.

"Mentre il nostro studio ha esaminato l'importanza del ruolo che i papà giocano nello sviluppo dei loro figli, i bambini non necessariamente hanno uno sviluppo povero senza i loro padri", sottolinea il co-autore Lisa A. Serbin, un professore del Concordia Department of Psychology e membro CRDH . "Madri e altri operatori sanitari sono importanti. I padri indubbiamente hanno una grande importanza, ma ci sono sicuramente molti modi alternativi per allevare un bambino sano. Alcuni ragazzi senza contatto con i padri, o con i papà lontano, possono avere un buon sviluppo intellettivo ed emotivo.

"I risultati, tuttavia, dovrebbero incoraggiare i governi a formulare politiche che favoriscano maggiori e positive forme di contatto tra i bambini e i loro padri. "Iniziative come il congedo parentale per gli uomini e i corsi di genitorialità - che sottolineano il ruolo dei padri - potrebbero contribuire a ottimizzare lo sviluppo dei bambini dalla prima infanzia alla preadolescenza", dice Serbin.

Questo lavoro è stato sostenuto dal Canadian Institutes of Health Research e dal Social Sciences and Humanities Research Council of Canada.
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Fonte: ScienceDaily, traduzione di paternamente.it
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Riferimenti: Erin Pougnet, Lisa A. Serbin, Dale M. Stack, Alex E. Schwartzman. Fathers' influence on children's cognitive and behavioural functioning: A longitudinal study of Canadian families. Canadian Journal of Behavioural Science/Revue canadienne des sciences du comportement, 2011; 43 (3): 173 DOI: 10.1037/a0023948

17 settembre 2011

I bambini ci guardano



C'è poco da commentare in questo "Children see. Children do." Se non hai mai avuto occasione di vederlo, guarda ora.
"Children see. Children do." ("i bambini guardano i bambini fanno"), prima pubblicità per la televisione e cinema (settembre 2006) della NAPCAN con Child Friendly Australia, prodotta con il sostegno generoso e creativo della DDB.
Si tratta di un bel video diretto, immediato e richiama gli adulti a praticare solo comportamenti positivi con i bambini.
La DDB è stata una delle principali aziende sostenitrici della NAPCAN per circa dieci anni, producendo campagne educative su base pro bono.

16 settembre 2011

Tuo figlio ti chiede un cucciolo: quale scegliere?

Elephant

Tuo figlio chiede un piccolo animale domestico e non sai quale si adatta meglio alla sua personalità? Scoprilo rispondendo alle domande di un test.
Prima o poi la maggior parte dei bambini finisce per chiedere ai genitori un animale domestico. Se possibile, vale la pena soddisfare la richiesta, dal momento che questo desiderio esprime spesso la necessità di sentirsi utile prendendosi cura di un esserino più piccolo di lui.
Aver cura di un animale domestico significa prendersi delle responsabilità, rispettare e soddisfare le necessità dell'altro e organizzarsi per superare le piccole difficoltà. Nell'insegnare al suo cucciolo le regole fondamentali della convivenza, il bambino avrà l'opportunità di comprendere meglio quello chiedono i genitori o gli insegnanti.
Il bambino che possiede un animale domestico manifesta un atteggiamento più spontaneo e responsabile; può rappresentare un stimolo speciale per il suo sviluppo intellettivo.
In molti casi, dopo aver ricevuto un cucciolo in regalo, il bambino migliora il suo rendimento scolastico. Il cucciolo, inoltre, accompagna il bambino nel mondo della fantasia ma anche lo aiuta a comprendere la realtà.

QUALE ANIMALE SCEGLIERE? 

Se volete sapere qual'è l'animale che più si adatta al carattere di vostro figlio, leggete le caratteristiche elencate nel test più sotto. Prendetelo ovviamente per quello che è, un test, e dunque ha un valore del tutto indicativo; l'istinto di vostro figlio sarà sicuramente un elemento sul quale fare affidamento, se lo lascerete scegliere.
>> Potete stampare la pagina e segnare a penna oppure prendere un appunto leggendo.

Se la rispostà è SÌ: segnate tutti i numeri della linea orizzontale corrispondenti ai SÌ posti sotto le lettere A B C D E.
Se la risposta è NO: segnate tutti i numeri corrispondenti ai NO posti sotto le lettere A B C D E.
Quando avrete risposto un SÌ o un NO a tutte le domande sul carattere del bambino, dovrete sommare tutti i numeri che stanno sotto la lettera A, poi tutti quelli sotto la lettera B e così in successione fino alla lettera E.
Poi osservate sotto quale lettera appare il numero più alto.
Se per esempio il numero più alto è sotto la lettera A, scoprirete che corrisponde al cane: questo è dunque l'animale che meglio si adatta al carattere di vostro figlio.


IL BAMBINO:ABCDE
E' vivace e pieno di energia22625
NO55153
Sa giocare da solo45254
NO33444
Gli piace essere coccolato 65515
NO22363
E' a proprio agio con gli altri bambini43524
NO34243
E' timido e rispettoso55245
NO32533
E' costante e paziente44434
NO44545
Qualche volta si sfrena21315
NO56465
A: cane
B: gatto
C: criceto
D: pappagallino
E: coniglio o porcellino d'india
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Fonte: traduzione e adattamento di paternamente.it dalla rivista My bebé y yo

26 agosto 2011

Io gioco con papà! [3a+: costruiamo un aquilone]

<Dai tre anni>

Costruire qualcosa insieme rafforza il vincolo di stima fra padre e figlio. Inoltre aiuta il piccolo ad esercitare le sue abilità manuali.

Lo speciale talento che papà possiede per riparare l'automobile, riparare oggetti rotti, costruire ingranaggi e cose complicate lo trasforma in un eroe agli occhi del bimbo.

Un personaggio così abile sarebbe precato se si limitasse a montare cubi colorati o una scatola di pezzi di plastica. Meglio utilizzare questo talento per realizzare capanne con rami e foglie, in campagna, o piste di sabbia per le palline, sulla spiaggia.

Un classico di tutti i tempi è l'aquilone, adatto per quasi tutte le situazioni e contesti. Cercando in internet ho trovato una guida (clicca qui) che mi sembra sufficientemente immediata... accessibile anche ai meno abituati a lavori di questo tipo!

Ma la realizzazione di un aquilone è solo un esempio. Quello che conta realmente è che padre e figlio costruiscano qualcosa insieme. Saranno momenti importantissimi trascorsi insieme disegnando, calcolando, prendendo decisioni insieme, scegliendo materiale, lavorando.

<Obiettivo>
Praticare lavori manuali ed esercitare la creatività e la capacità di collaborare con gli altri.

Basato su: rivista My bebè y yo

24 agosto 2011

Io gioco con papà! [2a+: ritrovare un albero]

<Dai 2 anni>


Uno dei doveri del papà è incoraggiare il bambino a esplorare il mondo che lo circonda.

Se hai un bosco vicino, entra con tuo figlio nella lussureggiante vegetazione che vi offre, il più lontano possibile da strade e rumori. Quando ti rendi conto di aver trovato un luogo adatto come "campo base", invita tuo figlio a scegliere un albero, al quale darete un nome (es. la "quercia Luisa", il "pioppo Alberto"). Il piccolo deve prendere confidenza col suo nuovo "amico", toccando la corteccia, descrivendo la forma delle foglie e i suoi colori, memorizzando la larghezza e altezza del tronco.
Dopo aver conosciuto a livello sensoriale il primo abitante del bosco, l'albero, vi allontanerete per una piccola passeggiata, durante la quale raccomanderai al piccolo esploratore di memorizzare la direzione e la distanza, dandogli indicazioni con l'aiuto di punti di riferimento naturali (es. una pietra grande, un ruscello).
Arrivati a un certo punto gli chiederai di guidare la spedizione di nuovo al "campo base", dove dovrà identificare e "tornare ad abbracciare" il suo amico albero.

<Obiettivo>
Imparare a conoscere e amare la natura, stimolando il desiderio di esplorare e il senso di orientamento del bambino.

Articolo originale: rivista Mi bebé y yo
Traduzione: paternamente.it

21 agosto 2011

Io gioco con papà [18m+: l'imitatore]

<Dai 18 mesi>
In quanto papà, tu rappresenti un modello fisico per tuo figlio.

Ecco il gioco per soddisfare il desiderio di tuo figlio di imitarti.
Mettetevi uno di fronte all'altro. "Sfidalo" dicendo: "Sei capace di fare questo?" e inizia a fare piccoli esercizi, come toccarti la punta del naso mentre alzi una gamba, oppure saltare da una mattonella all'altra, lasciandone una in mezzo. Oppure puoi girare per casa (o nel prato, se siete fuori) e cercare oggetti da lanciare in aria e riprenderli al volo o anche per metterli in equilibrio uno sopra l'altro.
Se il piccolo e la mamma stanno in vacanza e tu devi tornare al lavoro, probabilmente li chiamerai al telefono la sera. Quando parli col bimbo al telefono domanda se ricorda qualche gioco che avete fatto il precedente fine settimana; invitalo a descriverlo e a perfezionarlo l'indomani. L'idea di spiegarti i suoi progressi in occasione della prossima telefonata lo stimolerà ad "allenarsi" con il massimo impegno in attesa del tuo ritorno.

<Obiettivo>
Si tratta di un divertente esercizio che stimola la coordinazione del bambino, la capacità di attenzione e il senso dello spazio.

Articolo originale: rivista Mi bebé y yo
Traduzione: paternamente.it

Io gioco con papà [12m+: i due portieri]

<Dai 12 mesi>
I giochi con la palla creano una grande complicità fra padre e figlio.

Le palle, piccole e grandi, rappresentano un oggetto di divertimento irresistibile per qualunque persona, grandi e piccoli, bimbi e bimbe. Sia che si tratti di calcio, rugby o pallacanestro, a partire da una certa età, i giochi con la palla costituiscono un un momento di complicità e di passione comune fra padre e figlio. A questa età, se il bimbo già cammina, potrà tentare di acchiappare la palla che rotola, però impiegherà tanto tempo per raggiungerla per cui il gioco potrà essere dispersivo e finirà per essere noioso.
Potreste invece sedervi in terra, uno di fronte all'altro, a un metro di distanza, come al centro di una immaginaria porta di campo di calcio, magari anche delimitata da un paio di sedie. Inizia a tirargli una palla leggera (es. una di quelle morbide, di stoffa colorata, piccola) e invita il bimbo ad acchiapparla. Quando prende confidenza, insegnagli a rilanciartela. Puoi anche segnare i punti su una lavagna e sottolinea soprattutto le sue parate, così come la tua goffagine (volontaria) al momento di acchiappare la palla quando la lancia lui.

<Obiettivo>
E' un modo per allenare i suoi riflessi, la sua attenzione e la sua efficacia muscolare.

Articolo originale: rivista My bebé y yo
Traduzione: paternamente.it

18 agosto 2011

Io gioco con papà!

Con l'estate crescono le occasioni per trascorrere del tempo con i propri figli, per giocare a pallone o costruire castelli di sabbia o esplorare la natura. Ecco delle idee per trascorrere insieme qualche bel momento gratificante, per papà e figlio.

Mamma e papà hanno modalità diverse, però complementari, di soddisfare le necessità psicofisiche di un bambino che sta crescendo. Dalla mamma ottiene calore, protezione, tenerezza ed attenzioni; dal papà l'allegria, entusiasmo, l'esplorazione del mondo e l'autonomia.
Può succedere che la mamma limiti il bimbo nella sua conquista dell'autonomia, della sperimentazione delle proprie capacità, proprio per la forte simbiosi che caratterizza questo legame. Tuttavia, la natura fa sì che a un certo momento il bambino acquisisca gli strumenti fisici (muscolatura e gambe sempre più toniche) e cerebrali (controllo dell'equilibrio) per alzarsi e muoversi separato dalla mamma.
E' a questo punto che entra in gioco (anche letteralmente!) il papà, tendenzialmente meno apprensivo e protettivo, che deve incoraggiare il bimbo ad esplorare le proprie maturate risorse fisiche e capacità. Presumibilmente, quando srà il momento, sarà il papà che porterà suo figlio al parco, che a un certo punto gli toglierà le rotelline posteriori della bici , che lo accompagnerà a giocare a pallone o a pallacanestro. Per cui giocare con tutto quello che è possibile giocare si trasforma in un momento di crescita fondamentale, dato che il bambino imparerà sempre più ad imitare le abilità, a rinforzarsi fisicamente e trovare, poco a poco, le risorse per maturare il proprio sviluppo e la propria capacità relazionale.
Il mondo del lavoro, con le proprie regole che spesso lo rendono duro e stressante, a volte condiziona il papà.
Dov'è il pericolo? Che il papà trasferisca modalità e caratteristiche di comportamenti diffusi nel mondo del lavoro, nel gioco, soprattutto se si tratta di un figlio maschio, per cui viene dato corso a derive inutili ed esagerate di "virilità". Invece dobbiamo tener presente che accanto ai giochi "competitivi", nei quali uno solo prevale su tutti gli altri, esistono attività ludiche "cooperative" (giocare con il Lego, fare un puzzle, costruire un castello di sabbia ecc.) nelle quali tutti i partecipanti... vincono!
E' ovvio che un pizzico di competitività e sano spirito sportivo non avranno modo di mancare, magari con il papà che saprà distribuire "equamente" le vittorie, un po' a tutti, a turno... Così facendo verrà alimentata l'autostima del bimbo e allo stesso tempo verrà preparato anche ad accettare le sconfitte.


Articolo originale: rivista "My bebé y yo"
Traduzione: paternamente.it

17 agosto 2011

Families at play

Families at play è un programma di attività promosso e organizzato per il prossimo mese di ottobre 2011 da Attachement Parenting International, un grande organismo no-profit che ha lo scopo di educare e offrire supporto al fine di un rafforzamento dei rapporti familiari.
"Famiglie in gioco: Coltivare relazioni genitore-figlio attraverso il gioco" è un invito a riflettere e soprattutto a ritrovare la gioia di giocare coi propri figli, senza nascondersi dietro atteggiamenti tipo "non sono bravo con i giochi" o "il mio bambino non vuole / deve giocare con me" o "i miei figli sono troppo vecchi per questo genere di giochi "oppure" i miei figli sono già impegnati nello sport "o" Sono troppo vecchio / rigido / fuori forma / occupato / stanco per questo" ecc.
Molti genitori si sentono tagliati fuori da queste cose. Tuttavia i genitori che giocano regolarmente con i loro figli stanno facendo più che "semplicemente" un po' di divertimento...

Quando i genitori dedicano del tempo (inestimabile e prezioso) e attenzioni nel gioco con i loro figli, vengono condivisi sentimenti profondi, vissuti in un contesto di divertimento. Le tensioni possono essere allentate e persino risolte. I bambini ricevono potenti stimoli cerebrali che si riflettono nello sviluppo sociale, emotivo e cognitivo. Se sono impegnati fisicamente, i vantaggi si moltiplicano. Studi hanno dimostrato che il gioco tra genitori e figli genera benefici nello sviluppo:
  • stimolazione di reciproci e positivi sentimenti 
  • stimolazione visiva, uditiva e tattile
  • means-end relationship learning 
  • contatto fisico stretto
  • acquisizione del linguaggio, a volte sotto forma di canzoni (il cantare sviluppa competenze musicali e matematiche)
Il vantaggio non è solo per i bambini ma ne trova giovamento anche il rapporto genitore-figlio.

Ma la cosa forse più importante è il messaggio che arriva ai bambini, per cui il tempo che si trascorre giocando con loro rappresenta per il genitore la cosa più importante, ha la precedenza su tutto. Senza poi dimenticarsi che correre, giocare e divertirsi è un'attività utile e importante per tutte le età!

Il giocare, dei ragazzi, è un fatto universale, riconosciuto come evolutivamente importante e anche considerato come linguaggio e attività primaria di un bambino - per anni.
Con Family at play l'obiettivo è quello di far recuperare la capacità di giocare a i genitori, aiutandoli a diventare più consapevoli dell'importanza dell'interazione genitore-bambino attraverso il gioco.

Articolo originale: AP Month
Traduzione: paternamente.it

14 agosto 2011

Sindrome da alienazione genitoriale

Questo video è dedicato a tutti quei papà che soffrono in modo profondo e immodificabile la separazione dai loro figli.

La Sindrome da alienazione genitoriale (P.A.S.: Parental Alienation Syndrome) è un disturbo rilevato e definito da Richard A. Gardner, psichiatra forense statunitense. « Un disturbo che insorge quasi esclusivamente nel contesto delle controversie per la custodia dei figli. In questo disturbo, un genitore (alienatore) attiva un programma di denigrazione contro l’altro genitore (genitore alienato). Tuttavia, questa non è una semplice questione di "lavaggio del cervello" o "programmazione", poiché il bambino fornisce il suo personale contributo alla campagna di denigrazione. È proprio questa combinazione di fattori che legittima una diagnosi di PAS. In presenza di reali abusi o trascuratezza, la diagnosi di PAS non è applicabile ».
La PAS è prodotta da una "programmazione" dei figli da parte di un genitore patologico (genitore alienante): una specie di lavaggio del cervello che porta i figli a perdere il contatto con la realtà degli affetti, e ad esibire astio e disprezzo ingiustificato e continuo verso l'altro genitore (genitore alienato).

Le madri risultano essere genitori alienanti in numero massiccio rispetto ai padri.

Richard A. Gardner propone di basare la diagnosi di PAS sull'osservazione di otto sintomi primari nel bambino. Wikipedia li riporta così:
  1. la campagna di denigrazione, nella quale il bambino mima e scimmiotta i messaggi di disprezzo del genitore alienante verso l'altro genitore. In una situazione normale, ciascun genitore non permette che il bambino esibisca mancanza di rispetto e diffami l'altro. Nella PAS, invece, il genitore programmante non mette in discussione questa mancanza di rispetto, ma può addirittura arrivare a favorirla.
  2. la razionalizzazione debole dell'astio, per cui il bambino spiega le ragioni del suo disagio nel rapporto con il genitore alienato con motivazioni illogiche, insensate o, anche, solamente superficiali. Ad esempio, come scrive Gardner: "non voglio vedere mio padre perché mi manda a letto troppo presto", oppure "perché una volta ha detto cazzo".
  3. la mancanza di ambivalenza è un ulteriore elemento sintomatico, per il quale il genitore rifiutato è descritto dal bambino come "tutto negativo", mentre l'altro genitore è visto come "tutto positivo".
  4. il fenomeno del pensatore indipendente indica la determinazione del bambino ad affermare di essere una persona che sa pensare in modo indipendente, con la propria testa, e di aver elaborato da solo i termini della campagna di denigrazione senza influenza del genitore programmante.
  5. l’appoggio automatico al genitore alienante è una presa di posizione del bambino sempre e solo a favore del genitore alienante, in qualunque genere di conflitto si venga a creare.
  6. l’assenza di senso di colpa è il sesto sintomo: questo significa che tutte le espressioni di disprezzo nei confronti del genitore escluso, avvengono senza sentimenti di colpa nel bambino.
  7. gli scenari presi a prestito sono affermazioni del bambino che non possono ragionevolmente venirne da lui direttamente, come l'uso di parole o situazioni normalmente non conosciute da un bambino di quell'età per descrivere le colpe del genitore escluso.
  8. infine, l’ottavo sintomo è l'estensione delle ostilità alla famiglia allargata del genitore rifiutato, che coinvolge nell'alienazione la famiglia, gli amici e le nuove relazioni affettive (una compagna o un compagno) del genitore rifiutato.

11 agosto 2011

Latte vaccino e diabete tipo 1

Il rischio di diabete di tipo 1 è minore nei bambini che non vengono nutriti con proteine di latte vaccino.
Secondo un nuovo studio pubblicato in giugno nell'American Journal of Clinical Nutrition, i bambini che non sono esposti alle proteine del latte vaccino durante l'infanzia possono avere un rischio minore di sviluppare il diabete di tipo 1. Questi risultati arrivano dal trial TRIGR - Trial to Reduce Insulin-dependent diabetes mellitus in the Genetically at Risk (Trial per ridurre il diabete mellito insulino-dipendente nelle persone geneticamente a rischio).
Durante lo studio, le donne che partecipavano venivano incoraggiate ad allattare al seno. A quelle che poi passavano ai latti formulati, veniva fornita una formula speciale in cui le proteine venivano modificate in modo che non rimanesse alcuna proteina intatta del latte di mucca.
I risultati finali sono ancora in corso di valutazione, tuttavia lo studio pilota, che comprende 230 bambini seguiti fino a circa 10 anni d'età, ha mostrato che coloro che erano stati nutriti con la formulazione speciale avevano il 50% di probabilità in meno di sviluppare il diabete di tipo 1, rispetto ai bambini che avevano consumato il normale latte formulato a base di latte vaccino.
Lo studio aggiunge quindi ulteriori evidenze alla teoria nota da tempo secondo cui le proteine del latte vaccino attiverebbero la produzione di anticorpi in grado di distruggere le cellule produttrici di insulina nei bambini.
Fonti: ssnv; ncbi