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28 ottobre 2013

Halloween è davvero necessario?

halloween

Guardatevela dalla parte che preferite questa cosa di halloween, a me non piace. Quando ero bambino era semplicemente una roba degli americani. Adesso è un business planetario.

Potete credere o non credere al diavolo e al fatto che (da festa della tradizione celtica che era) è la più grande occasione dell'anno per i satanisti per fare proseliti; potete credere o non credere che la piega hard che la festa ha assunto negli ultimi anni possa provocare malesseri ai bambini.

E' un fatto, comunque, che Gareth Hadley  - direttore del personale penitenziario britannico - già da tempo ha emanato un provvedimento in favore dei detenuti nelle reali galere adoratori del diavolo (devil worshippers) a cui è riconosciuto un giorno di riposo per motivi religiosi, e pure (guarda caso) gli viene consentito di celebrare la festività di halloween. (qui l'articolo originale e qui un commento in italiano)

Che ne pensate? Io ritengo sia meglio che i nostri figli stiano fuori da questi giochi.
E se qualcuno dubita, beh... In dubiis abstine, nel dubbio astieniti.
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[tanto per chiosare un po', leggetevi un simpatico post su halloween  a questo link e un approfondimento ben documentato a quest'altro link]

18 giugno 2013

Quando il bullo è un fratello

Nuove ricerche sul fronte della violenza familiare.
Sembra proprio che le liti tra fratelli non risultino essere innocue e magari anche salutari, così come comunemente si pensa. Non sempre è una cosa accettabile o addirittura positiva per la crescita dei ragazzi. 
Un nuovo ed esteso studio statunitense, condotto da Corinna Jenkins Tucker, pubblicato sulla rivista Pediatrics e riportato da The New York Times sostiene infatti che le violenze tra fratelli debbano essere oggetto di maggior attenzione da parte dei genitori. Schermaglie ordinarie sulla playstation sono una cosa, abusi fisici e verbali ripetuti, in particolare tra fratelli, è altro. Il nuovo studio, che ha coinvolto migliaia di bambini e adolescenti, ha trovato che coloro che sono stati aggrediti, minacciati o intimiditi da un fratello avevano aumentato i livelli di depressione, rabbia e ansia.
La linea dell'abuso è sottile, l'attenzione sul bullismo e violenza nelle scuole dovrebbe estendersi fino al rapporto tra fratelli. La soglia di "normalità" e accettazione di una conflittualità o rivalità tra fratelli risulta essere piuttosto bassa, e i danni e le umiliazioni di chi subisce una violenza fisica o psicologica costante possono risultare piuttosto seri.
Meglio anche non dare etichette ai figli come "l'atleta", "l'intelligente" perché queste schematizzazioni (inutili) possono ingenerare conflittualità.
La nostra società tende a minimizzare la violenza tra bambini in generale, in quanto si ritiene sia meno dannosa di quando le violenze e le ferite sono vissute da adulti. Ma i dati non dicono questo.

Insomma questo studio e i dati che ne derivano confermano che questo fenomeno - che noi genitori tendiamo a minimizzare o a trattare comunque con un grado di accettazione piuttosto elevato - non è così innocuo come pensiamo. A volte riteniamo che la "palestra" familiare di umiliazioni e vessazioni possa essere formativa per la personalità in evoluzione. Ma quando queste tensioni superano soglie ragionevoli (e le soglie sono basse), le ripercussioni sul carattere, la personalità, la salute mentale del ragazzo che diventerà adulto potranno essere significative, sia a livello di identità che di autostima.
Un invito in più a studiare, approfondire, a trovare soluzioni nella gestione di conflitti, oltre i luoghi comuni invalsi.

11 marzo 2013

Umiltà

Tree RootsAvere equilibrio nel rapporto con i figli richiede una buona dose di umiltà. I nostri desideri e i nostri bisogni spesso e volentieri, durante la giornata, entrano in collisione con quelli dei nostri bambini. Umiltà è sforzarsi di contestualizzare la nostra volontà di affermazione in uno scenario più ampio che comprenda, appunto, quella degli altri, quella dei nostri figli.

Se poi la scelta dell'attachment parenting non è condivisa, non appartiene cioè sia a noi che al nostro partner, risulta chiaramente più complicato trovare equilibrio nella coppia e nel rapporto con i figli. Si vorrebbe dire all'altro che sta sbagliando e in effetti, quando lo si dice (o magari lo si urla) il rapporto si complica perché ne nasce una conflittualità.
E' su questi argomenti che ci fa riflettere un articolo sul blog dell'API (Attachment Parenting International) e che potete leggere a questo link.

Scegliere l'attachment parenting significa a volte operare un cambiamento profondo rispetto alle credenze tramandateci, alle pratiche educative delle quali forse noi stessi siamo stati oggetto, ad esempio sgridate continue di papà e mamma volte a ottenere "ubbidienza" e "rispetto". Non che non debbano esistere regole, solo che le modalità "aggressive" possono ottenere effetto a breve termine (sicuro che ottengono effetto? Se le sgridate sono continue vuol dire che qualcosa non funziona...) ma certamente non a lungo.

Peraltro attaccare vuole dire costringere l'altro a mettersi sulla difensiva.
Attaccarsi, fra genitori, vuol dire costringersi a difendersi. E questo non funziona. Si può aver fatto la scelta dell'attachment parenting ma sappiamo che le abitudini sono dure a morire, per cui rinfacciarsi l'un l'altro gli errori che - nella foga del momento - si commettono non porta lontano.

Come venirne fuori?
Smettere di essere in conflitto, aprirsi e confidarsi.
"Voglio smettere di alzare la voce con i bambini ma la cosa mi parte in automatico... e questo mi provoca frustrazione... secondo te come posso venirne fuori? Che posso fare...?"

Dobbiamo trasformare la battaglia (contro le vecchie abitudini) di uno verso l'impegno di due, non essere più da soli. Aprirsi, chiedere aiuto, essere umili, questo porta lontano. Quello che è il "mio" impegno educativo diventa il "nostro" impegno, si diventa compagni di viaggio.

Umiltà è non ritenersi "superiori"; umiltà è riconnettersi con la realtà, è recuperare la percezione del terreno (humus) dove affonda la nostra radice che ci rende tutti umani e perfettibili. Siamo in viaggio quotidianamente, impariamo e cresciamo, in questa splendida opportunità che ci è stata concessa di far crescere una vita accanto a noi, un bene prezioso che richiede il nostro totale impegno.

29 ottobre 2012

Cosa si nasconde dietro ad Halloween?

halloween"Il messaggio subdolo di Halloween si è ben insinuato nelle nostre case e ciò che sembra un innocente carnevalino promuove invece messaggi, azioni e intenzioni di tutt’altro genere e natura." No, non è una raccomandazione bigotta di un papà apprensivo. Halloween, la notte delle streghe, è realmente una grande festa satanica.
È per i satanisti il giorno più magico dell'anno e in queste notti si moltiplicano i rituali satanici come le messe nere, le iniziazioni e l'avvio allo spiritismo e stregoneria. Ci avverte di tutto questo il Servizio Antisette della "Comunità Papa Giovanni XXIII" - fondata dal grande don Oreste Benzi - che si è attivata da diversi anni per contrastare il dilagante fenomeno delle sette occulte, che creano vittime e nuove forme di schiavitù nella nostra società. Il Servizio Antisette collabora dal novembre 2006 con la Polizia di Stato nel gruppo di indagine denominato S.A.S. (Squadra Anti Sette).

Con questi fatti ci dobbiamo fare i conti tutti quanti, pure quelli che non sono credenti, perché l'innocuità apparente di certe feste e giochi per giovani e bambini costituisce un importante percorso attrattivo verso una mentalità magico-esoterica.
Nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre si compiono riti satanici in molte chiese sconsacrate e in molti cimiteri. Si rubano le ostie consacrate e si dissacrano i luoghi della tradizione cristiana.
Occhio poi agli incontri sconosciuti, ambigui e dunque ad alto rischio perché segreti o riservati.

Vi sembra ancora tutto un po' esagerato? Arricchite la vostra informazione, leggete, approfondite. Il male - comunque lo vogliate chiamare - è un fatto reale e la cronaca di tutti i giorni ce lo conferma, se mai ci fossero dei dubbi. Ecco uno spunto di approfondimento a questo link, si tratta della testimonianza di una ex satanista pubblicata sul quotidiano nazionale cileno "El norte".

>> Vedi anche il post Halloween? No grazie

8 ottobre 2012

Un granello di sabbia

Noah & DaddyUn granello di sabbia è quando aggiungo una carezza.

E' quando gli dò un bacio all'improvviso, così, quando meno se lo aspetta, guardandolo negli occhi.

Un granello di sabbia è quando gli dico ti voglio bene non perché è stato bravo o ha rimesso a posto i giochi ma solo perché gli voglio bene, senza se e senza ma. E' quando ricaccio parole in gola, quando mi sforzo di trattenere la Pazienza che tenta di scappare via, lontano da me.

Un granello di sabbia è un sorriso che gli fa sentire che ci sono, che sto dalla sua parte e non lo giudico.

Un granello di sabbia è un attimo tangibile del mio amore incondizionato... Dio m'aiuti a far camminare mio figlio su una spiaggia.

30 ottobre 2011

Halloween? No grazie

"Cosa non mi piace, oltre l’aspetto commerciale, della festa delle Streghe? L’aspetto tenebroso, demoniaco, mortuario, quasi di decomposizione." Così Massimo Cacciari, sul Corriere della Sera, quando, da Sindaco di Venezia, difendeva la sua città e il suo Carnevale dal dilagare della festa di Halloween tra calle e canali. "Festeggiare Halloween a Venezia? Non se ne parla proprio. Roba da Disneyland. O da Peschiera del Garda, lì dove c’è Gardaland. Noi abbiamo il Carnevale più bello, intelligente ed elegante del mondo. Perché mai dovremmo concedere spazio a qualcosa che non c’entra niente, dico niente, con le tradizioni italiane? Halloween alla fine è una delle tante feste finte, fintissime, inventate a puri scopi commerciali", prosegue il celebre ex sindaco.

Dell'aspetto commerciale tutti ne siamo investiti e tutti siamo ormai abituati all'horror, al macabro, a streghe e saghe di vampiri così come peraltro ci lasciamo scivolare addosso i tormentoni delle pubblicità e delle feste delle mamme e dei nonni e tim e wind vodafone tre e chi piú ne ha piú ne metta. Sembra che tutto sia, allo stesso modo, inevitabile, inesorabile e tutto sommato innocuo, legittimato dall'onda del marketing pubblicitario, che tutto travolge e omogeneizza.

Ma cosa può nascondersi dietro il festoso mondo di mascherine horror, diavoletti e streghette, dolcetti e scherzetti che dilagano in occasione della festa di Halloween?
Dico ai papà: siate informati, sempre.

La tradizione vuole che la zucca cava sia quella che l'ubriacone impenitente Jack utilizzò per porvi dentro il tizzone ardente scagliatogli dal Diavolo e utilizzarla dunque quale "torcia" per illuminare il suo eterno vagare alla ricerca di una dimora. Ci informa Wikipedia che "già nel 1910 le fabbriche statunitensi producevano tutta una serie di prodotti legati unicamente a questa festa. Prende in questo periodo la connotazione di notte degli scherzi o notte del diavolo, durante la quale ci si abbandonava all'anarchia ed erano ricorrenti gli atti di vandalismo".
Le allegre festicciole ai quali i nostri figli partecipano nulla fanno temere di terribili avvenimenti legati al diavolo e ai suoi seguaci. Tuttavia...

È un fatto che Halloween risulti essere per i satanisti il giorno più magico dell'anno e in queste notti si moltiplicano i rituali satanici come le messe nere, le iniziazioni magico-esoteriche e l'avvio allo spiritismo e stregoneria. "Attenzione agli educatori e responsabili della società affinché scoraggino i ragazzi a partecipare ad incontri sconosciuti, ambigui o addirittura ad alto rischio perchè segreti o riservati." ci avvisa Giovanni Paolo Ramonda, Responsabile generale dell'associazione "Comunità Papa Giovanni XXIII". La Comunità Papa Giovanni XXIII si è attivata da diversi anni per contrastare il dilagante fenomeno delle sette occulte, che creano vittime e nuove forme di schiavitù nella nostra società. Il Servizio Anti sette occulte dell'Associazione, nasce nel 2002 dall'esigenza di attivarsi nella lotta contro il dilagante fenomeno delle sette occulte, che creano vittime e nuove forme di schiavitù nella nostra società. Il Servizio Anti sette occulte collabora dal novembre 2006 con la Polizia di Stato nel gruppo di indagine denominato S.A.S.(Squadra Anti Sette).

Don Aldo Bonaiuto, Animatore generale del Servizio Anti sette occulte, nel suo blog, espone motivazioni per desistere dalla partecipazione ad Halloween:
  • la riconducibilità a celebrazioni sataniche e di stregoneria dove, per diverse settimane, gruppi organizzati dediti alle realtà occulte svolgerebbero rituali aberranti, che evitiamo di descrivere anche se purtroppo vengono pubblicizzati su internet. Costoro sono convinti che chiunque riconosce e partecipa a questi eventi contribuirà, direttamente o indirettamente, alla realizzazione di un grande rituale satanico (e quindi è significativo anche il semplice vestirsi o il mettere una zucca in casa o fuori la porta);
  • Halloween, per i guru dell’occulto, è la grande occasione per adescare nuovi adepti, fomentando così vittime per obbiettivi nefasti e pericolosi. I ragazzi e i giovani sono i più esposti a causa di incontri “festaioli” che in certi casi potrebbero diventare vere e proprie trappole infernali;
  • in questi giorni si compiono sacrilegi e profanazioni di ogni genere, si rinnovano promesse al demonio, si invocano gli spiriti immondi.
Molte persone ogni anno cadono vittime di sette pesudo-religiose se non addirittura di satanisti dichiarati.
Occhio ai nostri figli adolescenti, che sono preda ambitissima.
E scegliamo di valorizzare la Luce e non le Tenebre.

2 ottobre 2011

Ottobre, è tempo di giocare!

Leaf attackOttobre è il mese in cui l'associazione Attachment Parenting International focalizza la propria attività su un aspetto particolare della genitorialità. In questo anno 2011, il tema sarà "Families at Play", "Famiglie in gioco: coltivare relazioni genitore-figlio attraverso il gioco". (Vedi post Families at play)
Attraverso attività, eventi, informazioni, "Families at Play" incoraggia un sano sviluppo socio-emotivo del bambino e relazioni genitori-figli per una società più sana.
Attachment Parenting International - un grande organismo no-profit che ha lo scopo di educare e offrire supporto per un rafforzamento dei rapporti familiari - invita i genitori a diventare e / o promuovere "Famiglie in gioco" in occasione di questa edizione del AP month.
Il tema scelto quest'anno vuole essere una precisa indicazione in relazione a un'attività talvolta trascurata ma importante, una modalità divertente per un sano sviluppo socio-emotivo e per rafforzare il legame familiare.
Durante questo mese, i genitori sono invitati a rivalutare le attività quotidiane e le abitudini; sperimentare nuovi modi per lasciarsi coinvolgere affettivamente con i loro figli; giocare insieme per crescere insieme e come opportunità per stare vicini.
Trovate tutte le informazioni alla pagina Families at Play del sito Attachment Parenting International.

30 settembre 2011

Prendiamoci il tempo di essere papà

DSCN4412_1 - This Father and Son Playing Catch Football
"No, papà non ha tempo per giocare con me...". Forse questa frase tuo figlio l'ha già detta a qualcuno o forse la pensa e basta, ob torto collo. Tempi difficili per chi ha un lavoro precario o è disoccupato, per due genitori che lavorano per arrivare a fine mese con preoccupazioni, tensioni, scoraggiamento, frustrazione. E anche chi lavora troppo, chi fa una libera e ben remunerata professione, può percepire la propria inadeguatezza rispetto alle richieste dei figli, espresse o tacite.
Di cosa hanno bisogno i nostri figli? Cosa decidiamo di dare loro?

Condividere tempo
- Piuttosto che "passare il tempo" con i nostri figli ("passare" non mi pare suoni bene, passiamo il tempo anche in sala d'attesa dal dentista piuttosto che a leggere un libro o navigare in internet) diciamo che "condividiamo" del tempo con loro, tempo dal quale tutti vogliamo ottenere qualcosa, sia noi che i figli. E' importante per loro sapere che non stiamo dandogli attenzione per "obbligo", ma perché anche noi abbiamo bisogno di stare con loro allo stesso modo che loro hanno bisogno di stare con noi. (Non sottovalutiamo la loro capacità percettiva così come non sopravvalutiamo la nostra presunta cacapità mimetica)

Pianificare
- Stabilità e sicurezza sono importanti per i ragazzi, per questo potremmo dedicare, programmandolo, un tempo da dedicare a loro, che sia un'ora al giorno piuttosto che un giorno sì e un giorno no, oppure un'altra articolazione settimanale. Per condividere del tempo con loro, per loro, facendo del nostro meglio per non modificare quanto stabilito. Così che le loro aspettative possano essere soddisfatte, regolarmente, e loro possano avere la percezione di quanto siano importanti per noi. Ciò che conta infatti non è tanto quanto noi possiamo dire riguardo quello che noi diamo a loro (tempo, affetto ecc. ) quanto quello che loro percepiscono di ricevere da noi, così che possa crescere quel rapporto di fiducia che è alla base di una vera relazione.

Un po' di tempo è meglio di niente
- Se lavorano sia papà che mamma o si è pendolari o addirittura si torna a casa solo il fine settimana, i figli lo comprenderanno che il tempo che si potrà dedicare a loro sarà oggettivamente limitato. Anche se si condividerà con loro solo un paio d'ore ogni settimana, questo potrà essere sufficiente. Finché si mantiene una scadenza regolare, rispettata, i figli non rimarrano delusi e il poco tempo trascorso con loro risulterà comunque prezioso.

No grandi piani
- I genitori che lavorano molto a volte si sentono in colpa per il fatto di trascurare i loro figli e a partire da quel senso di colpa costruiscono abitualmente grandi progetti per loro. Sentono che stupirli con effetti speciali - facendo anche qualcosa di dispendioso, andando in chissà quale distante parco acquatico o di divertimenti - può in qualche modo essere visto come una maniera per recuperare stima e affetto da loro, per il fatto di non vederli spesso. Ben venga qualunque programmazione di fine settimana o vacanza se è spontanea e svincolata da ogni senso di colpa. Se così non è, c'è il rischio che più grande è il "progetto di recupero", più grande sarà l'aspettativa. Se parliamo di costruire fiducia e relazione, se parliamo di empatia con i nostri figli, la verità è che ai ragazzi non importa se andiamo su un'astronave o al parco fuori porta. Non c'è bisogno di inventarsi sempre più mirabolanti fuochi d'artificio. Bastano davvero cose semplici, basta andare al parco a giocare a pallone o una passeggiata in bici e mangiare un pranzo al sacco insieme, coinvolti con loro "anima e cuore" e la maggior parte dei bambini sarebbe felice per questo. (Vedi anche etichetta gioco in questo blog)

La vita è una scelta continua e quello che scegliamo di essere lo possiamo realmente controllare. Se abbiamo scelto di essere papà, non importa quale tipo di genitori abbiamo avuto, come si è comportato con noi nostro padre, quanto tempo ha dedicato realmente a noi. Noi possiamo scegliere di essere diversi - di essere noi stessi - di essere papà che decidono di entrare in empatia coi loro figli, poco o tanto che sia il tempo che onestamente possiamo condividere con loro.
I nostri figli possono realmente fare a meno di tante cose materiali ma quello di cui non potranno fare a meno sarà il nostro amore e le nostre attenzioni. Ricordandoci che non è tanto quello che noi diciamo di fare per loro che conta, quanto quello che loro realmente percepiscono di ricevere da noi.
Non importa se non abbiamo disponibilità economiche per donargli oggetti o viaggi; e per chi le ha non basta neanche lavorare di più per ottenergli quel benessere che noi ritieniamo sia indispensabile, se quel lavoro porta via una cosa che per loro è la più importante del mondo: il tempo che noi condivideremo con loro.
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Fonte: basato su un articolo HealthNewsDigest.com

27 settembre 2011

Disprassia, il disturbo nascosto

Harry Potter
La Disprassia è un disturbo nascosto.
Si manifesta con una capacità ridotta di compiere movimenti volontari, coordinati sequenzialmente tra loro, in funzione di uno scopo.
È una malattia che colpisce il 6% della popolazione infantile tra 5 e 11 anni. 
E' un problema dell'organizzazione del movimento che può anche influenzare il modo di apprendere di un bambino a scuola. 
bambini disprattici imparano una cosa ma fanno fatica a generalizzare e ad associare, trovando strategie.

È più comune nei ragazzi piuttosto che nelle ragazze e può comportare goffaggine, problemi nell'organizzare il lavoro e nel seguire delle istruzioni. L'aspetto caratterizzante della disprassia è la non corretta esecuzione di una sequenza motoria che risulta alterata nei requisiti spaziali e temporali e spesso associata a movimenti non richiesti. (Disprassia)
Il bambino disprattico, in genere, non si sa "organizzare" nelle "azioni" che compie. Ad esempio: il gioco risulta povero e ripetitivo, non si sa spogliare e soprattutto non riesce a vestirsi da solo, è difficile che attivi spontaneamente la capacità di disegnare. Il disegno appare, comunque, anch’esso, povero; in scuola materna spesso rifiuta di disegnare. (Aidee)

"La disprassia è una patologia complessa, con complicazioni che vanno dal motorio al cognitivo. Non sempre si ha la compresenza di tutti e due. Il bambino disprassico è difficilmente diagnosticabile in tenera età perché quasi sempre si tende a considerare solo il suo disturbo del linguaggio. Importante è una tempestiva diagnosi che non sempre viene attuata. Alla terapia di un logopedista si deve accompagnare spesso anche quella di un psicomotricista. I bambini con disprassia hanno quasi sempre problemi di organizzazione spazio-temporale. Sarà difficile per loro organizzarsi quindi nella consequenzialità dei movimenti: per es. vestirsi partendo dalla biancheria intima e dopo maglia e pantaloni.
Gli individui affetti da disprassia, spesso trovano difficoltà a mettere in ordine le varie fasi di un racconto e a trovare i termini. Non che non lo sappiano, ma non trovano dentro di loro la memoria dei vari passaggi. Altre volte si presentano problemi anche di manualità fine, tanto che a scuola saranno bimbi con problemi ortografici, oppure problemi che riguardano il movimento oculare (difficoltà a seguire le righe del quaderno e a leggere, il bimbo invece di muovere solo gli occhi, muove anche il corpo a seguire lo sguardo). La sensibilità tattile è spesso ridotta, problema complesso e molto spesso sottovalutato dai vari neuropsichiatri e terapisti." (Wikipedia)

Se vostro figlio presenta modalità pisco-motorie che possano far intuire una possibile diagnosi di Disprassia, rivolgetevi subito a uno specialista per un'osservazione precoce e competente. Un sito di riferimento per la Disprassia, dove potete trovare informazioni utili e anche la possibilità di contattare la dott.ssa Letizia Sabbadini (Neuropsicologa clinica. Docente presso l'IRCCS Santa Lucia Roma e l'Università LUMSA Roma) è quello dell'Associazione Italiana Disprassia Età Evolutiva - AIDEE, di cui appunto la dott.ssa Sabbadini è Presidente.
Wow.
Anche in sede di accertamento di danni da vaccino è stata riconosciuta in alcuni casi la relazione tra vaccino e disprassia. Chi fosse intenzionato a esplorare questa eventualità - e dunque il riconoscimento di danno - può rivolgersi alle Associazioni che si occupano dei danni correlati alle vaccinazioni. Segnalo il Coordinamento Nazionale Danneggiati da Vaccino - Condav e il Coordinamento del Movimento Italiano per la Libertà delle Vaccinazioni - Comilva.

Daniel Radcliffe, meglio conosciuto per il ruolo del mago, HarryPotter soffre di una lieve forma di disprassia e lui è probabilmente il più famoso disprassico dell'era moderna.

19 settembre 2011

Presenza padri: maggior sviluppo intellettivo e benessere tra i bambini

I padri che si impegnano attivamente nella crescita dei figli possono contribuire a renderli più intelligenti e con migliori relazioni fra i compagni, secondo una nuova ricerca della Concordia University.

Pubblicato sul Canadian Journal of Behavioural Science/Revue canadienne des sciences du comportement (luglio 2011), uno studio a lungo termine ha esaminato come i padri possono influenzare positivamente lo sviluppo dei loro figli attraverso la pratica genitoriale.

"I padri danno un importante contributo allo sviluppo del comportamento dei loro figli e della loro intelligenza", dice Erin Pougnet, PhD candidate presso la Concordia University - Dipartimento di Psicologia - e membro del Centro per la Ricerca in Sviluppo Umano (CRDH).

"Rispetto ad altri bambini con papà assenti, i bambini i cui padri sono stati genitori attivi nella prima e seconda infanzia avevano meno problemi di comportamento e superiori abilità intellettive man mano che crescevano, anche tra le famiglie con disagio socio-economico".

L'influenza paterna.
"Indipendentemente dal fatto che i padri vivevano con i figli, la loro capacità di porre dei limiti appropriati e strutturare il comportamento dei loro figli ha influito positivamente sulle capacità di problem-solving, sulla diminuzione di problemi emotivi, come la tristezza, isolamento sociale e l'ansia", continua Pougnet.

Un totale di 138 bambini e i loro genitori hanno preso parte allo studio e sono stati seguiti dai ricercatori in tre sessioni separate.

I bambini sono statiosservati nel periodo 3-5 anni di età e ancora una volta nel periodo di età fra i 9-13 anni. Hanno fatto test di intelligenza, mentre le loro mamme hanno compilato i questionari su ambiente domestico e conflitto di coppia. Tutti i bambini hanno fatto parte del più ampio Concordia Longitudinal Risk Research Project, uno studio intergenerazionale avviato nel 1976.

Insegnanti della scuola sono stati impegnati in qualità di osservatori dei comportamenti del bambino fuori casa. "Gli insegnanti erano una fonte un po' più indipendente di informazioni rispetto alle madri, padri o figli stessi", dice Pougnet, "perché l'assenza di un padre può causare conflitti in casa, sofferenza materna e del figlio".

Impatto maggiore sulle ragazze.
Dallo studio è inoltre emerso che sono le ragazze ad essere più colpite dall'assenza della figura paterna, anche se i ricercatori avvertono che l'assenza paterna può favorire altri problemi come la mancanza di sostegno o di disciplina.

"Le ragazze i cui padri erano assenti durante il periodo centrale della loro infanzia avevano livelli significativamente più elevati di problemi emotivi a scuola rispetto alle ragazze i cui padri erano presenti", dice Pougnet.

Le madri prestano cure altrettanto importanti.
Secondo i dati statistici 2007, in Canada è in aumento il numero di famiglie monogenitoriali in tutto il paese. L'agenzia stima che circa il 13% delle famiglie canadesi e il 22% delle famiglie del Quebec sono composte di nuclei familiari in cui i padri biologici sono assenti.

"Mentre il nostro studio ha esaminato l'importanza del ruolo che i papà giocano nello sviluppo dei loro figli, i bambini non necessariamente hanno uno sviluppo povero senza i loro padri", sottolinea il co-autore Lisa A. Serbin, un professore del Concordia Department of Psychology e membro CRDH . "Madri e altri operatori sanitari sono importanti. I padri indubbiamente hanno una grande importanza, ma ci sono sicuramente molti modi alternativi per allevare un bambino sano. Alcuni ragazzi senza contatto con i padri, o con i papà lontano, possono avere un buon sviluppo intellettivo ed emotivo.

"I risultati, tuttavia, dovrebbero incoraggiare i governi a formulare politiche che favoriscano maggiori e positive forme di contatto tra i bambini e i loro padri. "Iniziative come il congedo parentale per gli uomini e i corsi di genitorialità - che sottolineano il ruolo dei padri - potrebbero contribuire a ottimizzare lo sviluppo dei bambini dalla prima infanzia alla preadolescenza", dice Serbin.

Questo lavoro è stato sostenuto dal Canadian Institutes of Health Research e dal Social Sciences and Humanities Research Council of Canada.
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Fonte: ScienceDaily, traduzione di paternamente.it
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Riferimenti: Erin Pougnet, Lisa A. Serbin, Dale M. Stack, Alex E. Schwartzman. Fathers' influence on children's cognitive and behavioural functioning: A longitudinal study of Canadian families. Canadian Journal of Behavioural Science/Revue canadienne des sciences du comportement, 2011; 43 (3): 173 DOI: 10.1037/a0023948

17 settembre 2011

I bambini ci guardano



C'è poco da commentare in questo "Children see. Children do." Se non hai mai avuto occasione di vederlo, guarda ora.
"Children see. Children do." ("i bambini guardano i bambini fanno"), prima pubblicità per la televisione e cinema (settembre 2006) della NAPCAN con Child Friendly Australia, prodotta con il sostegno generoso e creativo della DDB.
Si tratta di un bel video diretto, immediato e richiama gli adulti a praticare solo comportamenti positivi con i bambini.
La DDB è stata una delle principali aziende sostenitrici della NAPCAN per circa dieci anni, producendo campagne educative su base pro bono.

14 settembre 2011

La spiritualità è la chiave della felicità dei nostri figli

"Per rendere i bambini più felici, dovremmo incoraggiarli a sviluppare un forte senso del valore e significato della propria vita", secondo il dottor Mark Holder presso la University of British Columbia in Canada e i suoi colleghi Dr. Ben Coleman e Judi Wallace. La loro ricerca (del 2008) mostra che i bambini che sentono che la loro vita ha un significato e un valore e che sviluppano profondità e qualità delle relazioni - entrambe misure di spiritualità - sono più felici. Sembrerebbe, tuttavia, che le loro pratiche religiose abbiano scarso effetto sulla loro felicità. Questi risultati sono stati pubblicati nell'edizione online del Journal Springer of Happiness Studies.


Sia spiritualità (un sistema di valori interiore da cui la persona ricava forza e sicurezza) che religiosità (riti istituzionali religiosi, pratiche e credi) sono state collegate a una maggiore felicità negli adulti e negli adolescenti. Al contrario, molto poco è stato fatto su bambini più piccoli. Nel tentativo di individuare strategie per aumentare la felicità dei bambini, il titolare della ricerca e i suoi colleghi hanno cercato di capire meglio la natura del rapporto tra spiritualità, religiosità e la felicità nei bambini dagli 8 ai 12 anni. Un totale di 320 bambini, provenienti da quattro scuole pubbliche e due scuole di ispirazione religiosa, hanno completato sei diversi questionari per valutare la loro felicità, la loro spiritualità, la religiosità e il loro carattere. Anche ai genitori è stato chiesto di valutare la felicità e carattere dei loro figli.


Gli autori hanno scoperto che i bambini i quali hanno evidenziato di essere più "spirituali" erano più felici degli altri. In particolare, gli aspetti personali (quali significato e valore della propria vita) e sociali (ossia qualità e profondità delle relazioni interpersonali) della spiritualità sono forti "predittori" di felicità dei bambini. La "spiritualità" influiva fino al 27% di differenza nei differenti gradi di felicità espressi dai bambini.

Anche il carattere di un bambino è risultato essere un importante "predittore" di felicità; in particolare, i bambini più felici erano più socievoli e meno timidi. Tuttavia, paradossalmente, nella ricerca, le pratiche religiose - tra cui andare in chiesa, pregare e meditare - hanno avuto poco effetto sulla felicità di un bambino.

Secondo gli autori, "rafforzare il senso del valore e significato della propria vita può essere un fattore chiave nel rapporto tra spiritualità e felicità". Essi suggeriscono che le strategie volte ad aumentare il senso del valore e significato della propria vita nei bambini - gentilezza verso gli altri, atti di altruismo e di volontariato - possono aiutare a rendere i bambini più felici.
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Fonte: traduzione di paternamente.it da Springer, science + business media

17 agosto 2011

Families at play

Families at play è un programma di attività promosso e organizzato per il prossimo mese di ottobre 2011 da Attachement Parenting International, un grande organismo no-profit che ha lo scopo di educare e offrire supporto al fine di un rafforzamento dei rapporti familiari.
"Famiglie in gioco: Coltivare relazioni genitore-figlio attraverso il gioco" è un invito a riflettere e soprattutto a ritrovare la gioia di giocare coi propri figli, senza nascondersi dietro atteggiamenti tipo "non sono bravo con i giochi" o "il mio bambino non vuole / deve giocare con me" o "i miei figli sono troppo vecchi per questo genere di giochi "oppure" i miei figli sono già impegnati nello sport "o" Sono troppo vecchio / rigido / fuori forma / occupato / stanco per questo" ecc.
Molti genitori si sentono tagliati fuori da queste cose. Tuttavia i genitori che giocano regolarmente con i loro figli stanno facendo più che "semplicemente" un po' di divertimento...

Quando i genitori dedicano del tempo (inestimabile e prezioso) e attenzioni nel gioco con i loro figli, vengono condivisi sentimenti profondi, vissuti in un contesto di divertimento. Le tensioni possono essere allentate e persino risolte. I bambini ricevono potenti stimoli cerebrali che si riflettono nello sviluppo sociale, emotivo e cognitivo. Se sono impegnati fisicamente, i vantaggi si moltiplicano. Studi hanno dimostrato che il gioco tra genitori e figli genera benefici nello sviluppo:
  • stimolazione di reciproci e positivi sentimenti 
  • stimolazione visiva, uditiva e tattile
  • means-end relationship learning 
  • contatto fisico stretto
  • acquisizione del linguaggio, a volte sotto forma di canzoni (il cantare sviluppa competenze musicali e matematiche)
Il vantaggio non è solo per i bambini ma ne trova giovamento anche il rapporto genitore-figlio.

Ma la cosa forse più importante è il messaggio che arriva ai bambini, per cui il tempo che si trascorre giocando con loro rappresenta per il genitore la cosa più importante, ha la precedenza su tutto. Senza poi dimenticarsi che correre, giocare e divertirsi è un'attività utile e importante per tutte le età!

Il giocare, dei ragazzi, è un fatto universale, riconosciuto come evolutivamente importante e anche considerato come linguaggio e attività primaria di un bambino - per anni.
Con Family at play l'obiettivo è quello di far recuperare la capacità di giocare a i genitori, aiutandoli a diventare più consapevoli dell'importanza dell'interazione genitore-bambino attraverso il gioco.

Articolo originale: AP Month
Traduzione: paternamente.it

14 agosto 2011

Sindrome da alienazione genitoriale

Questo video è dedicato a tutti quei papà che soffrono in modo profondo e immodificabile la separazione dai loro figli.

La Sindrome da alienazione genitoriale (P.A.S.: Parental Alienation Syndrome) è un disturbo rilevato e definito da Richard A. Gardner, psichiatra forense statunitense. « Un disturbo che insorge quasi esclusivamente nel contesto delle controversie per la custodia dei figli. In questo disturbo, un genitore (alienatore) attiva un programma di denigrazione contro l’altro genitore (genitore alienato). Tuttavia, questa non è una semplice questione di "lavaggio del cervello" o "programmazione", poiché il bambino fornisce il suo personale contributo alla campagna di denigrazione. È proprio questa combinazione di fattori che legittima una diagnosi di PAS. In presenza di reali abusi o trascuratezza, la diagnosi di PAS non è applicabile ».
La PAS è prodotta da una "programmazione" dei figli da parte di un genitore patologico (genitore alienante): una specie di lavaggio del cervello che porta i figli a perdere il contatto con la realtà degli affetti, e ad esibire astio e disprezzo ingiustificato e continuo verso l'altro genitore (genitore alienato).

Le madri risultano essere genitori alienanti in numero massiccio rispetto ai padri.

Richard A. Gardner propone di basare la diagnosi di PAS sull'osservazione di otto sintomi primari nel bambino. Wikipedia li riporta così:
  1. la campagna di denigrazione, nella quale il bambino mima e scimmiotta i messaggi di disprezzo del genitore alienante verso l'altro genitore. In una situazione normale, ciascun genitore non permette che il bambino esibisca mancanza di rispetto e diffami l'altro. Nella PAS, invece, il genitore programmante non mette in discussione questa mancanza di rispetto, ma può addirittura arrivare a favorirla.
  2. la razionalizzazione debole dell'astio, per cui il bambino spiega le ragioni del suo disagio nel rapporto con il genitore alienato con motivazioni illogiche, insensate o, anche, solamente superficiali. Ad esempio, come scrive Gardner: "non voglio vedere mio padre perché mi manda a letto troppo presto", oppure "perché una volta ha detto cazzo".
  3. la mancanza di ambivalenza è un ulteriore elemento sintomatico, per il quale il genitore rifiutato è descritto dal bambino come "tutto negativo", mentre l'altro genitore è visto come "tutto positivo".
  4. il fenomeno del pensatore indipendente indica la determinazione del bambino ad affermare di essere una persona che sa pensare in modo indipendente, con la propria testa, e di aver elaborato da solo i termini della campagna di denigrazione senza influenza del genitore programmante.
  5. l’appoggio automatico al genitore alienante è una presa di posizione del bambino sempre e solo a favore del genitore alienante, in qualunque genere di conflitto si venga a creare.
  6. l’assenza di senso di colpa è il sesto sintomo: questo significa che tutte le espressioni di disprezzo nei confronti del genitore escluso, avvengono senza sentimenti di colpa nel bambino.
  7. gli scenari presi a prestito sono affermazioni del bambino che non possono ragionevolmente venirne da lui direttamente, come l'uso di parole o situazioni normalmente non conosciute da un bambino di quell'età per descrivere le colpe del genitore escluso.
  8. infine, l’ottavo sintomo è l'estensione delle ostilità alla famiglia allargata del genitore rifiutato, che coinvolge nell'alienazione la famiglia, gli amici e le nuove relazioni affettive (una compagna o un compagno) del genitore rifiutato.

1 agosto 2011

Figli vegetariani

Luciano Proietti, pediatra torinese e padre di tre figli, ha scritto un libro unico in Italia, per la specificità e competenza con la quale ha trattato l’argomento delicato della alimentazione dei bambini: Figli Vegetariani, edizioni Sonda. Il libro è frutto del lavoro di ricerca svolta dall'autore presso il Centro di auxologia della Clinica pediatrica dell'Università di Torino e su una raccolta di dati relativa a più di duemila bambini vegetariani italiani.
E’ opinione diffusa, nell’ambiente medico e pediatrico in particolare, che dalla nascita fino ai 18 anni il consumo di carne, pesce, latte vaccino e uova, ossia delle cosiddette proteine animali, sia assolutamente indispensabile, al fine di garantire una crescita adeguata nel periodo più importante per lo sviluppo corporeo e intellettivo.
Partendo dalle principali caratteristiche della struttura anatomo-funzionale dell'uomo e i cambiamenti evolutivi che hanno interessato ambiente, società, cultura, economia, analizzando le ripercussioni su dieta e salute dell'essere umano, in particolare del bambino, il dott. Proietti indica l’alimentazione vegetariana/vegana come le più fisiologica e salutare per i primi anni di vita dell’essere umano.
La dieta dovrebbe basarsi sul consumo di latte materno (o latte adattato), evitando il latte di altre specie: vaccino in primis.
Nella sua esposizione Proietti attribuisce la paura di carenza di ferro (che ha spinto all'introduzione della carne già nei primi mesi di vita del bambino) proprio alla sostituzione del latte materno con il latte vaccino, più povero di ferro; questa abitudine nasce verso la metà del diciannovesimo secolo, con l'ingresso delle donne in fabbrica e la conseguente necessità delle lavoratrici di interrompere precocemente l'allattamento.
Proietti tratta inoltre:
  • svezzamento rimandato, iniziandolo tra i 6 e i 12 mesi, non prima
  • dieta nel dettaglio 0 – 18 anni, con esempi di pasti standard, per tutte le fasi della crescita
  • errori frequenti in questi primi anni: eccesso di cibi di origine animale, uso farine integrali, biscotti, zucchero, latte vaccino ecc.
Il testo contiene inoltre preziose indicazioni nutrizionali per la donna in gravidanza e che  allatta seguendo una dieta vegetariana/vegana, al fine di eliminare rischi di deficit vitaminici e di altre componenti fondamentali.

Suggerisco la lettura approfondita di questo libro a tutti, vegetariani e non, affinchè le scelte che facciamo ora per i nostri figli siano scelte consapevoli e non routine delegata al mercato dell’industria alimentare infantile o a certi pediatri che lavorano un po’ troppo distrattamente.